sabato 15 ottobre 2016

Foglie stupide

Ci sono sabato mattina d'autunno in cui si ha l'impressione di poter partire per un viaggio imprevisto, in una parte di mondo ignota, dove comunque si ripetono le stagioni, dove esistono quotidianità simili alla propria ma allo stesso tempo sconosciute, ritmi esistenziali che hanno le stesse probabilità di contenere la medesima quota di senso per cui vale la pena vivere – accontentarsi, per esempio, del disciogliersi dell'amido cotto di una castagna in bocca – oppure no, parimenti non averla, verificarne di colpo l'insensatezza, non riuscire a fingere o farsi bastare un frutto di stagione, disprezzare tutto e chiudersi dentro una sopravvivenza contrita, disperata, a tratti violenta, prigioniera dell'insoddisfazione.

Avanzando passi sopra un marciapiede di cemento eroso, lambito dalla luce diagonale di un sole stanco, Lucas osservò di lato un signore che scendendo dall'auto, dopo un'egregia scatarrata, sputò sull'asfalto i suoi umori, evitando poi accuratamente di pestarli nel chiudere lo sportello.
Speriamo tu li possa pestare dopo, mentre risali in macchina, incollandoli dipoi sui pedali dell'acceleratore o del freno.
Lucas non si lasciava spesso tentare dalle maledizioni; sapeva che erano utili soltanto alla propria coscienza, senza avere in alcun modo il potere di modificare il corso delle cose. Maledire, per lui, equivaleva soprattutto a un dire male e quindi a essere un maledicente. Ma in questo caso non era bello l'immagine del contrappasso?

La repentina mutazione autunnale delle foglie rende osservatori partecipi dello scorrere del tempo. Potessimo avanzare di pari passo, senza discrasie, verso una siffatta spoliazione programmata, posare sul terreno tutta la costruzione di pensiero stagionale che copre l'essenzialità del dire, lasciare ignude quelle tre o quattro cose di noi che forse luccicano e ci rendono riconoscibili, come quegli infiniti puntini bianchi nel cielo, ognuno col suo proprio nome, a sparare luce a cazzo nell'universo senza scopo.
Mi meraviglio che l'intelligenza abbia preso questa piega, pensò Lucas durante uno sbadiglio post prandiale.
Perché quando penso fitto fitto mi viene sempre sonno? I miei neuroni hanno il fiato corto?

Una foglia di fico cadde di lato a un lombrico accartocciato.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Luca ,
molto bello il "pezzo".

caino

In questo momento invece sto leggendo un sacco di cose sulla "relatività " del tempo che scorre nell'universo.
Da questo punto di vista mi chiedo che "idea" del mondo si sia fatto il "lombrico",soprattutto se fosse stato vittima della "scatarrata "del signore.
Cosa naturale o divina ?
Concludo che "i media" umani, ultimamente scatarrano a ritmo elevatissimo.

Luca Massaro ha detto...

Grazie Caino.

siu ha detto...

"...avanzare di pari passo, senza discrasie, verso una siffatta spoliazione programmata, posare sul terreno tutta la costruzione di pensiero stagionale che copre l'essenzialità del dire, lasciare ignude quelle tre o quattro cose di noi che forse luccicano e ci rendono riconoscibili..."
Dov'è che si firma?