Dopo il successo internazionale e la conquista di premi letterari importanti, da pochi giorni è uscito anche in Italia, per Adelphi, il romanzo La vegetariana, di Han Kang.
È la storia di una donna che decide prima di diventare vegetariana, poi vegana e, infine, di trasformarsi definitivamente in una pianta. Bella storia. L'avevo pensata anch'io, però a metamorfosi inversa. Dalla pianta all'uomo con l'ausilio di un intelligent design.
Dalla prevedibile storia melodrammatica di un finocchio dal pinzimonio al matrimonio civile, a quella teologico-politica di un carciofo alla giudia fulminato da un bengala russo sulla via di Damasco. Oppure ancora: dalla pannocchia transgenica che batte la Salaria, alla zucchina che lessata in un brodo di cialis resta ancora dura e vibrante.
È un mondo difficile per le piante. E tuttavia l'essere autotrofe garantisce loro una condizione esistenziale invidiabile rispetto a coloro che hanno da sbattersi i coglioni per la propria sussistenza, soprattutto per coloro i quali sono costretti a vendere - quando gli va bene perché c'è qualcuno che gliela compra - una parte consistente del proprio fare, del proprio essere.
«La via del fare è l'essere», diceva Lao-Tzu, se non ricordo male. Per una pianta vuol dire tutto e non vuol dire niente, soprattutto non significa una sega. Chissà se il finale del romanzo ne prevede una motore.
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