Quando
me la sono vista passare accanto col carrello della spesa ancora semi
vuoto, ho avuto un sobbalzo: non era lei. Le assomigliava, ma non
era, e io ho tirato un sospiro di sollievo per fortuna colpendo una confezione di
stracchino. Dio però come le assomigliava. I
capelli erano dello stesso colore, lo stesso taglio degli occhi,
medesime l'inclinazione del naso e l'incerta definizione delle
labbra. Quelle labbra così sottili che, quando si aprivano per un
sorriso, davano la sensazione di un sipario che metteva in scena lo
splendore dei suoi denti. Ma lei, che non era lei, non ha sorriso,
infatti, le labbra sono rimaste sigillate, chiuse come da un piombino
di un pacchetto di burro, di quelli che per aprirli senza strappare il
foglio malamente, ci vuole un cacciavite. Di più: lei non mi ha
degnato – e giustamente – di uno sguardo, mica poteva immaginare
che io avevo pensato per un attimo che lei fosse lei e non lei
stessa. Chissà se in tutti questi anni lei è diventata come lei si
presenta qui e ora affacciata davanti al reparto latticini. Non
credo. Altrimenti sarebbe lei a essere qui e non un'altra che
potrebbe essere ma non è. È lei in potenza, ma, ahimè, io non sono
la sua radice quadrata.
4 commenti:
pensavo finisse come Ultimo tango a Parigi, e invece sei rimasto con Occelli (Peppino) in mano
Racconto da supermercato, bello! anche se invero un po' succinto, ahimé, ma no, no... non mi lamento: ringrazio, smack!!
nei luoghi dove l'ammasso di merci è di più abbagliante splendore -lo dico senza ironia, la tua poesia "usa e getta" si fa più toccante. forse, nello specifico, l' individuo è un simulacro di individuo, il nome proprio delle cose è ancora da pronunciare
mood parecchio stralunato oggi
@ Olympe de Gouges
Io amo Beppino.
@Siu
Grazie
@loZittito
è un bel complimento programmatico che spero di meritare
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