Durante il confronto tra Renzi e Zagrebelsky, c'è stato un momento in cui l'autorevole costituzionalista, dopo aver ricordato la nota similitudine che le costituzioni sarebbero come i vestiti (sintetizzo: per quanto belle e fatte su misura esse siano, se a indossarle sarà un corpo sociale deforme, anche «i vestiti prenderanno una forma deforme», vale a dire non si noterà lo splendore dell'abito, ma si denuncerà la ridicola miseria di chi lo indossa), e dopo aver chiesto al presidente del consiglio se, a tal riguardo, lui preferisce la forma o la sostanza (e Renzi ha risposto che preferisce la sostanza, ma poi, prendendo la palla al balzo, ha cercato di divagare iniziando un discorso con: «L'Italia è un paese meraviglioso». Al che Zagrebelsky l'ha guardato e gli ha detto «Ma che c'entra, non divaghiamo»), il professore ha dichiarato quanto segue:
«Io sostengo che una vera riforma della costituzione, intesa non soltanto come foglio di carta, ma della nostra vita costituzionale deve partire, deve procedere da una riforma della sostanza delle forze politiche, delle forze di governo, delle forze di opposizione, dalla capacità di chi governa»
In precedenza, per evidenziare una delle maggiori pecche dell'attuale proposta di riforma, Zagrebelsky ha rilevato che essa non è una riforma condivisa, ma che si innesta in una profonda divisione delle forze politiche. La ricerca della stabilità “forzata” dalle regole è frutto di una «illusione di chi si sente debole e vuole delle regole che lo rendano forte».
Alla replica di Renzi che, invece, la stabilità di governo è un bene ripensando ai 63 governi in 70 anni di storia politica repubblicana, Zagrebelsky replica che il susseguirsi improprio dei governi a guida democristiana, era caratterizzato tuttavia da una indubbia continuità della politica della DC, partito che riusciva - coi suoi limiti enormi - a tenere comunque unite le varie anime del Paese - cosa che non riesce affatto all'attuale presidente del consiglio.
Ma ora basta riassumere, vengo al punto, pardon: alla sostanza.
Che cosa si intende realmente con «sostanza politica»? La capacità delle forze politiche, in particolare quelle di governo, di esercitare le funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione (formula del giuramento dei ministri).
Fino a che punto oggi tale esercizio è possibile?
Premesso che l'interesse esclusivo della Nazione è sempre stato un pio desiderio, in quanto si sono privilegiati, fin dal principio, interessi particolari e non generali, c'è da considerare che quando c'era più trippa per gatti, qualche avanzo c'era persino per i sorci. Dato che ogni tipo di esercizio deve essere finanziato e che l'unico sistema per ottenere finanziamenti costanti per uno stato come l'Italia sono le tasse (di ogni genere); considerato inoltre che l'imposizione fiscale è rivolta al capitale (buona questa), al lavoro e al consumo, i quali fanno capo ad un unico modus operandi: il sistema economico e produttivo capitalista. E dato che, oggettivamente, tale sistema è in crisi, una inesorabile crisi di valorizzazione, allora - finalmente ci sono arrivato - la sostanza della politica è talmente aleatoria e inconsistente che sono soltanto i palloni gonfiati a dar l'impressione di incarnarla e di poterla esercitare.
La vera sostanza della politica oggi dovrebbe essere la constatazione che dentro questo sistema economico e produttivo, dentro un'organizzazione della vita sociale che è di fatto schiava del lavoro salariato e della produzione fine a se stessa, non ci sono più i margini per una politica che abbia realmente a cuore l'interesse generale del Paese. Più che attardarsi al tavolo delle riforme, la sostanza della politica reclama di imbandire la mensa della rivoluzione.
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