Nonostante
i capelli allungati e l’aria da fricchettone, Umberto ancora
collezionava, tra altre cose, figurine Panini. Le altre cose
erano giornaletti erotici e porno che trovammo in bella vista sugli
scaffali della sua cameretta.
Umberto
viveva da solo con suo padre – direttore delle locali Poste – da
alcuni anni. Quand’era ancora alle medie, infatti, sua madre aveva
lasciato lui e il marito, per tornare in Austria (dov’era
nata) e andare a vivere con “quello” che era stato il primo amore
e dal quale aspettava una bambina (la sorella di Umberto: di costei
parleremo – forse – in una prossima occasione, tanto per
allungare il brodo di un racconto che mi sta sfuggendo di mano, se
qualcuno lo trova in terra, per favore, lo raccolga).
Insomma,
vivendo da solo con il padre, Umberto si permetteva di collezionare e tenere in bella vista giornaletti erotici senza farsi troppi scrupoli. Chiaramente, a me e
Alessandro, gli occhi caddero proprio lì; ma non tanto sulle riviste
porno fotografiche, no:
ciò che più ci colpì,
furono i fumetti. Umberto se ne accorse subito che li guardavamo, ma
non disse niente. Si limitò ad aprire un cassetto, incredibilmente
pieno di figurine. «I miei doppioni», disse, sorridendo. «Guardate
pure se trovate ciò che vi manca. Ma intanto, datemi i vostri, che
controllo». Così facemmo e, in poco tempo, ne trovammo almeno una
decina. «Bene, ragazzi:
adesso dovete andare. Tra poco torna mio padre, e devo far finta di
studiare. Voi tornate domani, se volete. Magari un po’ prima: che
ne dite verso le quattro?»
Umberto
era un bel ragazzo, occhi verdi, e mia sorella maggiore ne era
innamorata. Mia madre lo sapeva, e approvava, addirittura cercando di
combinare il fidanzamento. Infatti, una volta si permise
sfacciatamente e senza dire niente a suo marito (mio padre), di
invitare Umberto e il suo papà in occasione della festa del patrono.
Ricordo ancora la faccia che fece mio babbo quando – a cose fatte –
lo seppe. Dopo aver tirato quattro o cinque madonne secche, dichiarò
a voce alta, con le finestre aperte, nella speranza che il padre di
Umberto lo sentisse (abitavano tre piani sotto di noi), che a lui i
democristiani stavano tutti sul cazzo, a prescindere, e che non gli
importava una sega nulla di festeggiare il patrono, protettore di
chissà cosa cazzo che. Ma
nonostante la sfuriata, il pranzo con gli ospiti ebbe luogo. Umberto
neanche una volta rivolse parola a mia sorella, che non gli levò un
attimo gli occhi di dosso. Il padre parlò in pratica sempre con mia
madre, del più e del meno e delle attività della parrocchia. Mio
padre, invece, restò
tutto il tempo taciturno ad aspettare il dolce e poi il caffè e che
si levassero dai coglioni che c’era la formula uno.
L’indomani,
alle quattro, io e Alessandro ci presentammo da Umberto con nuovi
doppioni.
2 commenti:
Mi piacciono queste tue incomprensioni :)
Grazie mille
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