Se le condizioni politiche, sociali, economiche, culturali dell’Italia sono queste → di chi la colpa? I politici stessi “non nascondono i problemi del Paese”. Anzi, li elencano con beffarda contrizione e misurato ottimismo, per mostrare come essi pongano, perlomeno retoricamente, attenzione a tali gravi e urgenti problemi che assillano la Repubblica Italiana.
L’Italia è davvero un paese pieno di “problemi” e non vale certo la pena di elencarli; è sufficiente constatare che essi ci sono. Risolverli? Mera illusione. Che fare allora? Secondo me si dovrebbe procedere in maniera molto semplice: bisognerebbe cioè considerare i problemi del Paese una ricchezza per il Paese stesso. Fare dell’Italia un polo di attrazione internazionale dei Problemi urgenti da risolvere. Il nostro sottosuolo non è ricco di risorse naturali come il petrolio o il litio? Ma il nostro soprasuolo è così ricco di “problemi” (urgenti da risolvere). Vendiamoli. Ci sarà pure qualche laboratorio nelle università di eccellenza sparse nel pianeta pronto a pagare bene tali problemi, per studiarli, analizzarli, vivisezionarli, perché no?, risolverli.
Tuttavia, prima che qualche scienziato in odore di nobel si decida a capire che i “nostri” problemi hanno valore per capire lo stato mentale di un popolo, occorre chiedersi: ma se l’Italia è piena di problemi, di chi è la colpa?
Degli italiani. Risposta facile, scontata, ma non vera (non del tutto). Bisogna specificare quali “italiani”. Prima di tutto occorre raggrupparli in categorie per vedere chi si aggiudica la vittoria (della colpa). Vediamo:
- i politici;
- la criminalità organizzata;
- la chiesa cattolica;
- i magistrati;
- gli industriali;
- i sindacati;
- i giornalisti;
- i meridionali;
- gli immigrati;
- gli evasori fiscali
- i dipendenti pubblici;
- gli operai;
- i pensionati;
- gli studenti;
- i noglobal;
- i disoccupati;
- i tassisti;
- i farmacisti;
- le forze dell’ordine;
- l’esercito;
- eccetera
Mi fermo. Ognuno poi sia libero di aggiungere o togliere chi vuole. Ma il punto è che nessuna categoria, da sola, può essere considerata la causa della totalità dei problemi che affliggono il nostro Paese; né tantomeno a un solo individuo deve essere addossata la responsabilità del grave dissesto politico, economico, sociale, culturale, civile che affligge la nazione, neppure se questo individuo è Berlusconi - siepe (anzi, foresta) che ci impedisce di guardare fino in fondo all’orizzonte dei nostri problemi irrisolti.
Allora, sedendo e mirando, per dirimere la questione della colpa, affidiamoci a questa frase di Bruno Bettelheim: «La psicoanalisi proponeva l’ipotesi che forse non era la società a creare nell’uomo tutte queste difficoltà, ma che era piuttosto la nascosta, intima, contraddittoria natura dell’uomo a render difficile la vita sociale»¹.
Ecco, adesso posso anche accettare che Ernesto Galli Della Loggia scriva, dalle pagine del Corriere della sera di oggi, queste parole:
«Anche per gli stranieri colti, troppo spesso l'immagine attuale dell'Italia è schiacciata sotto il peso di tre stereotipi: Berlusconi (vissuto come un mistero orripilante, premessa di ogni male), l'onnipotenza della mafia e della camorra, il pervadente oscurantismo del Cattolicesimo. Per il resto: approssimazione, inefficienza, arbitrio. Insomma, il solito folklore mediterraneo.
Ma se le cose stanno così la colpa è soprattutto nostra».
Il problema vero è che nessuna autoanalisi, anche se spietata e sincera, potrà mai guarire dentro noi l’erronea idea che noi non c’entriamo un cazzo. Ognuno di noi, per quanto scavi, troverà sempre una giustificazione per tirarsi fuori, per dirsi: “io non c'ero e se c'ero dormivo”.
L’Italia è questa perché la sua storia, la nostra storia, l’ha condotta ad essere così: questa è l’unica Italia possibile, la sola, la vera. Non oso dire che sia perfetta, ma quasi. La vorreste meglio di così? Ma avete un'idea, un progetto comune per migliorarla? No eh? Avete progetti diversi. Ognuno il suo. È vero, morto Berlusconi (politicamente o per bene) qualche miglioria anche per inerzia potrebbe avvenire. O anche ritrovando una sana, benefica diffidenza verso l'Oltretevere, un bello sbarramento e buonanotte Papa e Arcivescovadi. Una nazione in declino, che deve solo riguadagnare l’orgoglio e la consapevolezza d’esserlo. L’Italia deve offrire una speranza al mondo intero facendo vedere la dignità e la fortuna che c’è nel dissolvimento del concetto di nazione. Inutile insistere: polverizziamoci nel mondo, disperdiamo il nostro seme, lasciamo in eredità ai nostri figli l’idea che il tricolore si fonde con gli altri colori del mondo; l'Italia sparita, solo ali, oltre le porte di Magellano in cerca di un altrove ancora da scoprire.
Suvvia, uniamoci alla Grecia e facciamo vedere al mondo come si filosofa con il culo in terra.
¹B. Bettelheim, Il cuore vigile, Adelphi, Milano 1988 (traduzione Piero Bertolucci).
5 commenti:
no, non ci sto
non mi disperdo
un po' di orgoglio mi è rimasto
apolide? già è difficile sapere chi si è, figuriamoci se pure mi devo porre la domanda da dove vengo...
allora che faccio?
cazzo, Luca, non era la scuola della maestrina dalla penna rossa a dover fare gli italiani?
e non siamo noi i suoi (indegni) discendenti?
vogliamo fare o no la nostra parte?
siamo mafiosi, io e te? no
siamo berlusconiani? no
siamo baciapile? no
siamo italiani, quindi non cadiamo nei luoghi comuni
cazzo2: l'Italia è un paese meraviglioso, gli italiani hanno molti pregi, oltre ai difetti
non mi scambierei mai con uno svizzero o un tedesco (con rispetto parlando)
si può e si deve fare
che sentir parlare dei 150 anni del Paese serva almeno a dare un po' di storia patria a tutti, perchè se ne nutrano e metabolizzino (e speriamo bene)
mia cara, quanto mi piace la tua incazzatura!
:-)
Ciò nonostante, mi piace altresì cullarmi in un sogno ove tutte le nazioni si confondano e non abbiano più ragione di essere.
Letto con molta attenzione, il tuo post mi risulta estremamente condivisibile, tanto più che quello della "responsabilità individuale" è il più fisso dei miei chiodi fissi. Qualcuna delle tue proposte la vedo, però, di ardua ipotizzazione: quale Università straniera si comprerebbe i diritti di studiare e guarire la psicologia di un popolo in comprensibile angoscia -ad esempio- per le cataste di rifiuti, ma contemporaneamente riluttante a partecipare alla loro diligente raccolta differenziata?
La nostra italianità zoppica, il nostro senso civico latita: noi non ci amiamo abbastanza, se non nella teatralità di manifestazioni auto-celebrative. Con ogni probabilità, l' indiscusso genio italiano paga il prezzo anche di un individualismo "genetico".
"Abbiamo fatto l' Italia, facciamo ora gli italiani": l' esortazione non è ancora stata metabolizzata a dovere: noi amiamo soltanto il nostro miserabile orticello. Potrebbe essere esploso nel modo che vediamo, altrimenti, il fenomeno Lega, che s' inventa, addirittura, nella Nazione, una Padania che non c'è e non è mai stata?
Grazie Morena del tuo intervento e della tua attenzione "critica".
La mia proposta di vendita dei problemi italiani alle università straniere è chiaramente un paradosso.
:-)
... Chiaramente, Luca,...
anche il mio esempio...
:-)
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