«Fin dal primo momento [della
comparsa della vita sulla Terra],
il prezzo di fare qualcosa
è il rischio di farla nel
modo sbagliato, di
commettere un errore. Il nostro slogan
potrebbe essere: Chi non fa non falla. Il primo errore che fu mai
fatto fu un errore tipografico, un errore di trascrizione [del
codice genetico] che si
trasformò poi nell'opportunità di creare un nuovo ambiente (o
paesaggio adattativo), con un nuovo criterio di giusto o sbagliato,
di migliore e di peggiore. Un errore di trascrizione qui “conta”
come errore soltanto perché vi è un costo nello sbaglio: la
conclusione della linea riproduttiva nella peggiore delle ipotesi,
oppure una diminuzione della capacità di riprodursi. Sono tutte
questioni oggettive, differenze che esistono che le si consideri o
meno, che interessino o meno, tuttavia portano con sé una nuova
prospettiva. Prima di quel momento, non esisteva alcuna possibilità
di errore. Comunque andassero le cose, non erano né giuste né
sbagliate. Prima di quel momento, non esisteva alcun metodo
predittivo solido per esercitare il diritto di scelta di adottare la
prospettiva da cui è possibile discernere gli errori, e ogni errore
compiuto da qualcuno o da qualcosa dopo quel momento dipende dal
processo originario di errore. Di fatto, vi è una forte pressione
selettiva verso la massima fedeltà possibile del processo di
trascrizione genetica, che minimizzi la probabilità di errori. Per
fortuna, non può raggiungere la perfezione totale perché, se lo
facesse, l'evoluzione subirebbe un'improvvisa battuta d'arresto.»
Daniel
C. Dennett, L'idea pericolosa di Darwin, Bollati
Boringhieri, Torino 1997 (traduzione di Simonetta Frediani, pag.
255.256).
Quanto
scritto sopra riguarda la
biologia, ma
interessa anche uno dei
fenomeni che dalla biologia è emerso, riuscendo,
dopo un relativamente lungo tratto di strada, a studiarla e a
carpirne i segreti: il
fenomeno è l'uomo e la sua
produzione simbolica, culturale.
La
specie umana consente un diverso modo di trasportare informazioni nel
tempo, svincolato dal mero dato biologico. Da un punto di vista
evolutivo, il nostro corpo è praticamente lo stesso dei sapiens
sapiens che diecimila/ottomila
anni fa calpestavano la terra mesopotamica; da un punto di vista
culturale, però, abbiamo
assistito a un altro tipo di evoluzione, sì, ma
quale?
Cerchiamo,
con un rapido sguardo che la mente consente, di
vedere tutti i progressi
avvenuti dalla costruzione della Salaria in epoca romana, al
completamento della Salerno-Reggio Calabria ai nostri giorni. Ritardi
sul termine della consegna dei lavori a parte, è innegabile che
progresso vi
sia stato, soprattutto
da un (migliore
e più equo?) punto di vista
dello sfruttamento del lavoro e dei denari pubblici occorrenti.
Fuor
di
metafora: noi umani che
abitiamo il presente del mondo, abbiamo un'idea di essere comunque
una tappa del tour dell'umanità? E se sì, dentro questa gara in
cui, malgré nous,
siamo coinvolti, ci poniamo un traguardo minimo, per esempio la
completa realizzazione dei desiderata scritti nella dichiarazione deidiritti universali dell'uomo? Sì,
no, forse, un'altra domanda per favore?
Quello
che, da concorrente nelle ultime posizioni, mi sembra di notare è la
scomparsa dell'idea che il sistema di produzione capitalistico possa
essere sostituito con uno più equo e più giusto nella ripartizione
della ricchezza ottenuta sfruttando il lavoro salariato, sfruttando
le risorse presenti sul pianeta con il concetto assurdo della
proprietà (la proprietà dell'acqua, del petrolio, del gas, della
terra agricola...)
L'idea di poterne uscire, di poter smettere di portare ossequi e
omaggi al signor padrone, al signor principale, al signor dirigente
aziendale caposervo e capobastone della proprietà.
Questo
non a livello locale, ma globale, naturalmente. È
difficile, lo so. Soluzioni pronte non ne ho, posso solo dire di
rileggere Marx e chi lo sa riportare alla luce, faccia allo stato di cose presente.
3 commenti:
vedo che hai letto il mio post (spero dopo che ho riletto e corretto un paio di svarioni sintattici: prova a scrivere mentre prepari la cena e qualcosa si sta bruciando sul fuoco), scritto di getto e postato di fretta.
la soluzione c'è e l'hai pure ben indicata: che bisogno c'è che vi sia un padrone per tutto? assolutamente nessuno. paradossalmente chi predica la proprietà privata non si accorge che essa è fagocitata dai monopoli, sta insomma scomparendo la proprietà privata diffusa (esempio eclatante è quello del commercio al minuto).
ciao
"...da un punto di vista culturale, però, abbiamo assistito a un altro tipo di evoluzione, sì, ma quale?"
no; purtroppo la cultura andrebbe trasmessa tutta e da zero ad ogni nuova nascita;
purtroppo anche culturalmente ogni essere umano che nasce oggi "...è praticamente lo stesso dei sapiens sapiens che diecimila/ottomila anni fa calpestavano la terra mesopotamica" (imho, naturalmente)
non sono nemmeno lontanamente colto e profondo e lucido come olympe e te.
mi accontenterei di un centesimo del vostro ottimismo...
ma tu sei "riccospietato" e ci batti tutti in cultura e ottimismo :-D
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