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Riguardo al rapporto vita-morte, mi sovviene una massima di Xavier Bichat che ho appreso, tempo addietro, da Ceronetti: «La vita è tutto quell'insieme di funzioni che si oppongono alla morte». Ebbene, partendo da tale assunto, preferirei che l'espressione abusata malato da tempo fosse sostituita con resistente da tempo, perché quando ci si ammala, e non si vorrebbe, ci si oppone con tutte le forze possibili alla malattia, anche se, sovente, serve a poco farlo. È la resistenza, è l'opposizione che andrebbero fatte risaltare nella lotta contro la grave malattia. E quando si ricorda la persona morta perché malata da tempo, famosa o meno che sia, credo che sarebbe più opportuno e generoso dire che essa era viva da tempo e lottava strenuamente per opporsi, per ritardare - per quanto possibile - il giorno, l'ora, il momento in cui la lotta ha avuto necessariamente fine.
La consolante ipotesi che tutti morremo prima o poi, non toglie tutta la disperazione insita nella questione centrale della vita. Hai voglia a distrarti impunemente, a vivere pensando che essa non sia lì, da qualche parte, presente, impastata di spazio e di tempo. Tutte le cellule del nostro corpo che ora lavorano, più o meno all'unisono, si riassumono in quelle delle mente che ci informa che presto o tardi moriremo. Che specie del cazzo che siamo per essere così riusciti a far emergere questa consapevolezza che come noi non ce l'ha nessuno nel regno animale (almeno credo non così sviluppata).
La finzione religiosa è quanto di più deleterio abbiamo usato e stiamo usando per diffamare questo scandalo permanente del morire. Madonna bona come vorrei abbracciare il mondo, come vorrei che quei pezzi di merda che godono della morte altrui per ottenere una giustizia terrena in nome di Dio sprofondassero in un mare di disperazione. Sono disperato a vedere queste lacrime e starò male tutta la sera.
- A tavola, la cena è pronta.
Ho fame, provo a resistere.
1 commento:
E' un posto molto molto bello.
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