Devo confessarlo: pensavo che tenendo un blog si potesse diventare dei Montaigne in sessantaquattresimo e invece, non c'è pace nelle torri, vento non tira, piuttosto moccoli che, come fuochi fatui, accendono di tanto in tanto l'aere. Un io assalito - da pochezze, convengo: fosse amore, fosse un calesse, fosse qualcosa per cui uno dice: vabbè, provo la lotta, ma - mi si perdoni se resto nel vago - qui non si tratta di dominare sé, quanto di non venire dominati da altri sé che chiedono un quantitativo di attenzione - come fosse un dovuto - che io non sento di dare per niente. Come dire: sento l'obbligo come una cavezza e io cazzo no, non tiro, anche se mi frustano con i sensi di colpa e mi caricano con i gioghi del peccato questo non si dice, questo non si fa (e io che sono Carletto...)
Qui non c'è colpa e non c'è peccato: c'è il fatto che io non ce la faccio a essere buono a forza, a dimostrarmi compassionevole per dovere, a essere caro, premuroso, servizievole, disponibile. No: io mi sento di essere veramente quello che a volte dite che sono: cattivo.
Come davanti a uno specchio, questo. Permettetemi di urlare.
2 commenti:
Tu sei un'ottima persona.
povera zia, avere un nipote così cattivo, anzi cattivissimo
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