Ho visto e ascoltato cinque minuti cinque a otto e mezzo tre ospiti, un filosofo coi capelli neri e la folta barba punteggiata di pelucchi bianchi, un giornalista quarantenne che ha rammentato Fanfani perché almeno con lui si poteva conversare su Max Weber e non soltanto sulla Playstation e un politico coi capelli bianchi professore di geopolitica del Mediterraneo della Libera Università di Maria Sant'Assunta (Gesù: «Mamma, che cazzo di male s'è fatto nella vita?») e insieme discutevano dello sfaldamento dei partiti tradizionali, del crollo delle socialdemocrazie e pure dei partiti di orientamento cristiano democratico popolare e il politico e il giornalista si trovavano concordi col filosofo perché questi aveva fatto una fotografia della realtà, dunque è un fotografo, altro che filosofo, perché per fare le fotografie bastano i fotografi, è vero, i filosofi dalle fotografie dovrebbero tentare delle analisi filosofiche nonché politiche e nessuno dei tre in quei cinque minuti cinque che abbia tentato di spiegare la realtà fotografata, quella dentro il campo e quella fuori campo, niente, muti, anzi no: loquaci, parole su parole, frasi su frasi che se uno le mette insieme non ci viene fuori neanche una catenina di madonne e di ave gloria per il rosario, cosicché dopo cinque minuti cinque, ho detto basta, vadano affanculo insieme alla signora dallo zigomo imbotulinato che conduce siffatto programma, preferisco guardare Spongebob dove si narra di Squiddi che, accusato di furto della monetina portafortuna da Mr. Krabs, si licenzia, non trova lavoro, si trova sul lastrico, finisce per chiedere l'elemosina e quindi viene salvato e portato a casa da Spongebob, che lo accudisce in tutto e per tutto; e il calamaro scorbutico si adagia così bene sull'ospitalità offerta dall'amico, che alla fine persino il sempre gioviale e servizievole Spongebob sbotta e lo caccia fuori di casa.
C'è molta più vita sott'acqua che in uno studio televisivo.
2 commenti:
infatti sono dei fotografi che ritraggono il soggetto, la crisi del sistema, sempre dallo stesso punto di vista. monotoni.
me mi sa che Cacciari si fa la tinta, altrecchè filosofo/fotografo: è un imbianchino
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