«
Da quando una volta, per quasi un
anno, era vissuto immaginando di aver perso il linguaggio, per lo
scrittore ogni frase che scriveva e con la quale avvertiva anche la
spinta alla possibile prosecuzione era diventata un avvenimento. Ogni
parola che, non parlata, bensì in forma di scrittura, annunciava la
prossima, gli faceva tirare un sospiro di sollievo e lo ricollegava
al mondo; soltanto con questo felice annotare per lui cominciava il
giorno, e poi, così comunque pensava, fino al mattino seguente
poteva anche non accadergli più nulla. »
Peter
Handke, Pomeriggio di uno scrittore, Guanda,
Parma 1987 (traduzione di Giovanna Agabio).
Che
la scrittura avvenga. Eccola. Ifix tcen tcen: oddio, non intendevo
proprio così. La fortuna di un bidet a un dipresso.
A mio agio. Avanti, dunque, verso un «felice annotare».
Quanto pensiero ho prodotto oggi? Mica tanto, Se faccio uno sforzo – e ci ripenso – mi sembra
di ricordare quanto
segue: in auto,
ascoltando una rapsodia di
Bela Bartok, il pensiero è corso a quella volta che, a Budapest,
d'inverno, quasi tre decenni or sono, c'era ancora la cortina
di ferro e in Ungheria, come
altrove, comandava un regime comunista sull'orlo del fallimento; ho
pensato a quando la nostra comitiva di ragazzi salì sul bus per fare un primo giro della città e
la guida turistica, una donna forse più giovane di quanto sembrasse,
a ognuno di noi che saliva, proponeva l'acquisto dell'intera
discografia del compositore ungherese, cinquanta dollari mi pare
volesse e io l'avrei comprato
a scatola chiusa il cofanetto
di Lp, non perché conoscessi l'autore, ma perché mi piacque così
tanto il nome di Bela Bartok - che sentivo pronunciare per la prima
volta e da una madrelingua; ma cinquanta dollari erano una somma considerevole che
mettevano a rischio il resto di finanze per le mie vacanze...
1 commento:
Vedo che siamo cresciuti leggendo i medesimi autori, Gabriel Pontello in questo caso.
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