«L'esperienza
non fa sorgere la nozione d'ebreo, al contrario è questa che
chiarisce l'esperienza; se l'ebreo non esistesse, l'antisemita lo
inventerebbe». (pag. 11)
«Ricordiamoci
che l'antisemitismo è una concezione del mondo manichea e primitiva
in cui l'odio per l'ebreo prende posto a titolo di grande mito
esplicativo. Abbiamo visto che non si tratta di una opinione isolata,
ma della scelta globale che un uomo in una determinata situazione fa
di se stesso e del senso dell'universo. È l'espressione di un senso
selvaggio e mistico della proprietà immobiliare. Se vogliamo rendere
questa scelta impossibile, non basta rivolgersi con la propaganda,
l'educazione e le interdizioni legali alla libertà
dell'antisemita. Dato che questi è, come ogni altro uomo, una
libertà in una determinata situazione, bisognerà modificare
fondamentalmente questa sua situazione. Basta infatti cambiare le
prospettive della scelta perché tale scelta si trasformi. Non è che
in questo modo si attenti alla libertà: ma la libertà decide su
altre basi, in riferimento ad altre strutture. L'uomo politico non
può mai agire sulla libertà dei cittadini; la sua posizione stessa
gli impedisce di curarsene altrimenti che in forma negativa, cioè
prendendo cura di non ostacolarla: egli agisce solo sulle situazioni.
Abbiamo constatato che l'antisemitismo è uno sforzo passionale per
realizzare una unione nazionale contro
la divisione della società in classi. Si tenta di sopprimere la
suddivisione della comunità in gruppi ostili gli uni agli altri
portando le passioni comuni ad una temperatura tale da far fondere le
barriere: poiché ciò nonostante le divisioni sussistono, in quanto
le loro cause economico-sociali non sono state toccate, si tenta di
riunirle tutte in una sola: le distinzioni tra ricchi e poveri, tra
classi lavoratrici e classi possidenti, tra poteri legali e poteri
occulti, tra cittadini e rurali, ecc. ecc. vengono riassunte tutte in
quella di ebreo e non ebreo. Ciò significa che l'antisemitismo è
una rappresentazione mitica e borghese della lotta di classe e che
non potrebbe esistere in una società senza classi. Dimostra la
separazione degli
uomini e il loro isolamento nel seno della comunità, il conflitto di
interessi, lo smembramento delle passioni: può esistere solo nelle
collettività in cui un debole legame di solidarietà unisce delle
pluralità fortemente strutturate: è un fenomeno del pluralismo
sociale. In una società i cui membri sono tutti solidali perché
tutti impegnati nella stessa impresa, non ci sarebbe posto per esso.
Infine, dimostra un certo legame mistico e partecipazionista
dell'uomo al suo “bene” che risulta dal regime attuale della
proprietà. In una società senza classi e fondata sulla proprietà
collettiva degli strumenti di lavoro, quando l'uomo liberato dalle
allucinazioni del retromondo si lancerà infine nella sua
impresa, quella di fare esistere
il regno umano, l'antisemitismo non avrà alcuna ragione di esistere:
lo si sarà colpito alla radice.» (pag. 104-105)
Jean-Paul Sartre, L'antisemitismo.
Riflessioni sulla questione ebraica,
Edizioni di Comunità, Milano 1964 (ed. orig. Paris 1947, traduzione
di Ignazio Weis)
Ho cancellato dal mio elenco di lettura tal blog di AA.VV. perché, nonostante vi si trovino, a volte, spunti interessanti, il sito è permeato da un antisemitismo di sottofondo, sopratutto in certi autori che non vale la pena citare, che me fanno venì 'no sturbo e tanta voglia d'essere, contro essi, a mia volta, parimenti razzista. Di sottofondo.
2 commenti:
Quella di Sartre è una cazzata, una grossa cazzata.
Tieni conto la data in cui è stata scritta, la cazzata, e del fatto che Sartre parla soprattutto dell'antisemitismo presente nella società francese dell'epoca.
Comunque, per completezza, ti rimando all'edizione completa.
Wikipedia francese ne parla qui.
E qui c'è un bell'articolo.
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