Ho dei vizi, che a volte sfociano in mania: uno è di frequentare sovente biblioteche comunali del comprensorio interprovinciale dove abito e lavoro.
Vado, entro e cerco e trovo libri che aspettano me per avere una boccata d'aria, fredda, fresca o calda a seconda della stagione.
Oggi mi sono preso due Timpanaro che avevano proprio bisogno di dare ossigeno alla mia mente, uno dei quali, edito nella collana Saggi di varia umanità dell'editore Nistri-Lischi di Pisa, 1970, s'intitola Sul materialismo. Son tutto un fremito.
La bibliotecaria, più o meno mia coetanea (di lei ero segretamente innamorato quando facevamo le medie, ma lei non l'ha mai saputo e io me lo ricordo soltanto adesso per dare una nota di colore a queste note), scrivendo a mano la scheda da restituire insieme al volume, mi ha detto che di Timpanaro ricordava di aver letto qualche scritto su Leopardi, all'università.
«Questo però non lo conoscevo. Chissà di cosa parla».
«Letture da aspiranti marxisti».
«Marxista? E perché questa aspirazione?»
Già, perché.
«Perché mi sembra la teoria scientifica migliore per capire l'azione umana nel mondo», stavo per risponderle, ma le è arrivato un telefono addosso, il marito che chiedeva se doveva andare lui a portare il figlio al calcio.
«Scusami, questioni familiari» mi ha detto prima di chiamare il figlio per avvisarlo di prepararsi che arrivava il padre.
Mentre parlava l'ho salutata con un gesto della mano e, scendendo le scale, nell'introduzione, ho scovato una risposta migliore.
«La via principale [è] quella dello studio del capitalismo odierno, del proletariato odierno, del nesso tra capitalismo e imperialismo: di uno studio, ovviamente, collegato con l'azione politica e da essa costantemente verificato. [...] Tuttavia sarebbe anche [...] poco marxista chi pretendesse di ridurre il marxismo ad una sociologia rivoluzionaria, espungendone quegli aspetti di concezione generale della realtà che non costituiscono un residuo di metafisica ottocentesca, ma una componente essenziale di una dottrina che pone, nel senso più ampio possibile, il problema della effettiva liberazione dell'uomo».
Non sono tornato indietro a leggergliela. Tanto lo so che oggi con Marx si tromba poco.
6 commenti:
Mi hai fatto venire in mente una frase di Peter Ustinov letta qualche giorno fa: “Gli ebrei sono un popolo veramente grande: non solo ci hanno dato Gesù Cristo e Karl Marx, ma in più si sono concessi il lusso di non seguire né l’uno né l’altro."
Con Gesù Cristo però si tromba più che con Marx.
un tempo invece si trombava abbastanza, senza leggerlo. bastava commentarlo. poi hanno fatto carriera e continuano a trombare citando Friedrich Hayek. dunque ancora una volta aveva ragione marx a proposito di coscienza e essere sociale: sostituisci "coscienza" con "merda" è ottieni l'attualità.
Sincero? La frase che avevi pensato di leggerle è assolutamente incongrua, direi incomprensibile alla luce degli ultimi 100 anni di vita europea. A meno che non pensavi di far colpo con un giro di parole simil intellettuali.
Benvenuto Nessuno.
Forse sì, è incongrua perché prolissa, ma mi seccava segare ancor più il capoverso dell'autore.
Incomprensibile no, proprio alla luce del secolo trascorso e proprio perché Marx si pose il problema dell'effettiva liberazione dell'uomo.
Riguardo al fatto che io sia sincero, preferisco mentire o tacere: chi tace dissente.
OT
Indicizzo subito il tuo blog, che nel primo post offre un'interessante prospettiva bloggheristica.
Ciao Luca, grazie per l'interesse ma sono solo spezzoni di post molto più lunghi. Questi sono già pronti, gli originali vanno ancora sistemati. Mi domando spesso perchè faccio questo...anch'io preferisco tacere.
Usando la forma verbale "espungendone", Timpanaro sarà riuscito a scopare?...Non credo.
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