«Come era già accaduto, la democrazia dà vita al fascismo. Una volta, Adorno ha detto che si preoccupava non tanto del fascismo contro la democrazia, quanto del fascismo nella democrazia. Al di là di Adorno, tuttavia, il fascismo va visto come il proseguimento della democrazia fatto con altri mezzi. Questo diventa chiaro quando si capisce che la democrazia ha come condizione di essere sottomessa al movimento di valorizzazione del capitale e che, nella crisi, la famosa democrazia si riduce perciò a quello che è il suo nucleo repressivo. Che a partire da ogni euro, bisogna farne due e che le persone che non possono più essere utilizzate per il "posto di lavoro" (così miserabile ed insensato quanto lo è per quegli "eletti" che diventano sempre meno numerosi) devono crepare più in silenzio possibile, in quanto queste sono cose che non possono più essere negoziabili democraticamente. Tutto dipende dalla sostenibilità finanziaria, e in fin dei conti, la priorità è che lo Stato si affermi nella concorrenza globale. » Thomas Meyer, Editoriale del n. 16 della rivista tedesca Exit.
L'articolo è lungo, ma è un quarto d'ora (anche meno) speso bene.
Al netto di alcuni errori di battitura e di qualche virgola fuori posto, va ringraziato Franco Senia per la traduzione.
Insomma, finché lo Stato potrà permettersi di pagare le forze dell'ordine per mantenere l'ordine sociale esistente, l'involucro della società aperta, liberale e democratica sarà - con molte manganellate, fermi preventivi e identificazioni fuori luogo - conservato; quando invece finanziare l'ordine sarà insostenibile, entreranno in scena gli sgherri fascisti o nazionalisti o maoisti (tipo Cina, perché da quelle parti, sebbene sia della stessa sostanza, la repressione ha un colore diverso), perché lo Stato, per quanto possa dichiararsi democratico, prima della libertà e della dignità dell'individuo, deve garantire la libertà del Capitale.
1 commento:
devo ammettere, che da quando vi leggo ho imparato molte cose.
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