Mi addentro, fuori restando, in questioni superficiali, dove le ali sbattono solo per alzare la polvere, come quelle della gallina.
Quando mi chiamano in causa rispondo di no, non sono interessato all'offerta, grazie lo stesso, la prego di non insistere.
Oramai ho fatto il callo, mi è facile sopportare i miei difetti così come sono, tanto nessuno li ama, posso anche fare a meno di coltivarli, come certi formicai con certi funghi.
Scrivo per immagini perché immagino quello che scrivo; prima che me ne dimentichi, scatto: vengo sempre mosso. Frasi brevi, senza subordinate: non amo servire, ma neanche essere servito (laudato sia il self service). E vado avanti finché.
Non ho risposte, ma non importa: tanto nessuno fa domande, intelligenti o no che siano. Non c'è più curiosità, ecco tutto. Devono essere i lustri che, da soli, sono sufficienti a illustrare la questione: avere più anni che soldi fa il resto, dentro gli stretti confini della propria condizione sociale. Ma non dispero. Diospero semmai, anche fuori stagione. E poi, in fondo, se non sei al o non sei escluso dal Salone del Cazzo non t'incula più nessuno (fuor di metafora un cazzo, s'intende).
E si prosegue senza preavvisi, bastano facce predisposte ad accogliere i propri pensieri.
Aldilà di tutto: mi piace il tempo variabile, come il maggio di quest'anno offre. Piove, poi no. Nuvole che vanno e vengono in molteplici forme e colori. E poi il sereno. E poi di nuovo nuvolo. Soffia un vento propizio alla masturbazione dei soffioni. Dna che vola come se ci fosse un domani per tutto. E mi ricordo proprio adesso che sono vivo e che è bene esca, porti a spasso me stesso e il cane, respiri e saluti il senso della vita con uno starnuto.
Salute.
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