«All'angolo di una via, l'angoscia,
un'angoscia sporca e inebriante, mi sconvolse (l'aver visto due
ragazze furtive per le scale di un gabinetto, forse). In quei momenti
mi vomiterei. Ho voglia di denudarmi o denudare loro, che desidero:
il tepore delle carni dolciastre mi darebbe sollievo. Ma ricorsi al più misero dei mezzi: al bar, chiesi un pernod che buttai giù d'un
fiato, e seguitati così di bar in bar fino a... La notte finiva di
calare.
Cominciai a vagare in quelle vie
propizie che vanno dal carrefour Poissonnière a rue Saint-Denis.
Solitudine e oscurità finirono di inebriarmi. La notte era nuda per
le vie deserte e volli denudarmi come lei. Mi sfilai i calzoni che
misi sopra il braccio: avrei voluto legarmi nelle gambe tutto il
fresco della notte, stordito da una travolgente libertà. Mi sentii
crescere. Tenevo nella mano il sesso eretto.
(Il mio modo di entrare in argomento è
duro. Avrei potuto evitarlo restando “verosimile”. Qualche
perifrasi sarebbe stata opportuna. Ma tant'è, l'inizio è senza
perifrasi. E proseguo... più duro...)».
Georges Bataille, Madame Edwarda,
Paris, 1956 (edizione italiana
in Tutti i romanzi, Bollati
Boringhieri, Torino 1992).
Per i blogger è tipico entrare in argomento in modo duro, senza tante perifrasi, diretti, senza tempo da perdere. E io ne ho.
Mi piace perdere tempo, mia unica ricchezza. Ho tempo - e sapete perché? Perché lo disperdo. Perché non ho progetto, un libro da scrivere che mi aspetta, non ho niente a cui destinare le mie ore (libere) per realizzare chissà che, destino della mia natura anti-imprenditoriale.
Tutte le attività si dovrebbero svolgere in un breve lasso di tempo, tranne l'amore. Ma l'amore è l'attività che più di tutte fugge, legata com'è - per molti - al determinismo di coppia che ti conduce a stare in una gabbia dove però non canti come un canarino e smetti persino di denudarti, come la notte.
«Tenevo nella mano il sesso». Ho tolto “eretto”, perché trovo la frase adatta anche per le donne. Come sarebbe bello uscire in questa notte per le vie deserte e farsi stordire da una simile, travolgente libertà. Nudi, oddio una zanzara no.
Svoltone.
Un giorno una zecca decise di incunearsi in un mio testicolo. La vidi, fu il panico. Tirai, sbagliando, come un forsennato, ma la metà del suo corpo rimase dentro. Andai dal dottore, mi sdraiò sul lettino, bisturino, incisioncina sulla palla sinistra, oddio che male, che senso. Ma me la tolse. Mi dette antibiotici, dei macrolidi (mo' me lo sono segnato). Li presi tre giorni, al terzo vomitai l'anima, anzi: il fegato. Bile pura. Madonna come stetti male, nemmeno avessi bevuto un ettolitro di Vecchia Romagna etichetta verde come la mia faccia. Ero da ricovero. Sospesi la terapia e mi ripresi. Tutto perché una notte decisi di fare come Bataille, andarmene a cazzo ritto in giardino, senza nessuno intorno. Pensavo nessuno, e invece c'era una zecca, di sicuro cattolica maronita.
2 commenti:
Post straordinario.
Grazie Luigi.
Tutto merito del Battaglio ;-)
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