Catullo, Carme XVI
Pedicabo
ego vos et irrumabo,
Aureli
pathice et cinaede Furi,
qui
me ex versiculis meis putastis,
quod
sunt molliculi, parum pudicum.
nam
castum esse decet pium poetam
ipsum,
versiculos nihil necesse est;
qui tum denique habent salem ac leporem,
qui tum denique habent salem ac leporem,
si
sunt molliculi ac parum pudici,
et
quod pruriat incitare possunt,
non
dico pueris, sed his pilosis
qui
duros nequeunt movere lumbos.
vos,
quod milia multa basiorum
legistis,
male me marem putatis?
pedicabo
ego vos et irrumabo.
~ prima versione ~
Ah
da me, in culo, in bocca
Lo
piglierete!
Tu
Aurelio, boccadacazzi,
E
tu Furio, rottonelculo...
Che
della vostra banda mi credete
Perché
scrivo lascivo, decadente!
Il
poeta in cui viva è la pietà
Avrà
anche l'obbligo di verseggiare
Per
scopi edificanti?
Lasciagli
grazie e mordacità;
E
il suo verso lascivo e spudorato
Non
dagli implumi solo, ma dai lombi
Dei
canuti ormai stalattiti
Faccia
sprizzare l'Eros!
Di
tenero in eccesso il fluire
Nei
versi miei farebbe
Meno
virile l'autore?
Lo
dite voi! Sarete
Da
me inculimboccati!
Traduzione di Guido Ceronetti, Einaudi,
Torino 1969
~ seconda versione ~
In bocca e in culo ve lo ficcherò,
Furio ed Aurelio, checche bocchinare
che per due poesiole libertine
quasi un degenerato mi considerate.
Che debba esser pudico il poeta è
giusto,
ma perché lo dovrebbero i suoi versi?
Hanno una loro grazia ed eleganza
solo se son lascivi, spudorati
e riescono a svegliare un poco di
prurito,
non dico nei fanciulli, ma in qualche
caprone
con le reni inchiodate dall'artrite.
E voi, perché leggete nei miei versi
baci
su baci, mi ritenete un effeminato?
In
bocca e in culo ve lo ficcherò.
Versione
di Mario Ramous,
Garzanti, Milano 1975
Stamani, di primo mattino, prima di andare al lavoro, mi sono fermato al mio forno di riferimento, per comprare del pane e una pizzetta. L'umore del fornaio è variabile, come la lievitazione: a volte gioviale, a volte ombroso, a volte loquace, a volte no. Stamani era cordiale e loquace.
- Massaro, allora, come va? Cosa ti servo? Ti posso offrire un caffè?
- No, il caffè no, grazie, l'ho preso pochi minuti fa. Mi dài, per favore, un filoncino da mezzo chilo e una pizzetta, non all'angolo grazie, lo sai che mi piace al centro.
- Non rompere tanto i coglioni con questo centro che tu mi sembri Rutelli.
- O no, cazzo, Rutelli no. Non c'ho mica la Palombelli attaccata ai coglioni, io.
- Eh no, te tu sei un succhiacazzi.
- Mah, veramente, per ora, non ne ho mai assaggiato uno, neanche il mio - e credo non lo farei anche se ci arrivassi.
- Tu sei poco atletico.
- Come no! La mattina fo cento flessioni come il tuo amico Berlusconi: divise per quattro, ok, ma sempre cento sono.
- Esagerato. Ma te un tu lo superi: lui le fa coll'uccello.
- Ma va' a cacare va', fammi il conto.
- Dammi tre euro e va' via. Anzi, tieni. Ti regalo questo pane speciale al farro. Assaggialo col pecorino. Ti piace il pecorino?
- Dipende.
- Ti piace di più la pecorina? Ma sopra o sotto?
- Di traverso, bischeraccio. Grazie, a domani.
- Ciao Massaro (con tono effeminato).
- Ma vaffanculo, va' (ridendo).
7 commenti:
Maledetti toscani :-)
Mi son permesso di dar luogo a "dispetto"
@ Melusina.
In effetti dicono male parole... ;-)
@ Giovanni.
E ti sei permesso bene.
http://meccanic13.blogspot.it/2012/09/aureli-pater-esuritionum.html
È tua la versione del XXI?
@Luca
Non mia, non so tradurre.
Era uno dei miei carmi preferiti negli anni del liceo. Ovviamente scoperto mica grazie alla scuola, né tanto meno al florilegio in uso...
Quasi quasi provo a ritradurlo... Ad ogni modo, Ceronetti s'è preso più d'una libertà! (Ma egli può...)
@ Davide
Se lo traduci, dimmelo, ben volentieri leggerò.
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