Vorrei non dipendere da me stesso, essere a balia, fratello finto di latte, attaccarmi a una tetta e fare come il cuculo, zitto e poppa, anche se il cuculo si poppa i vermi destinati alla vera prole, parassitare il lavoro altrui, come fanno i capitalisti, ma senza gli infingimenti paraculi di coloro che si vantano d'essere datori di lavoro. I datori: coloro che danno cornate.
Se stasera avessi una spada e un datore pieno di banderillas sul groppone potrei finirlo, per pietà e misericordia - lo stesso tipo di compassione che mi prende se vedo una falena con un'ala rotta che si dimena a terra, che faccio la schiaccio oppure resisto nel lago d'indifferenza ch'è il mio cuore [*]? La schiaccio, anche se poi generalmente mi pento di aver preso simili decisioni demiurgiche. Chi sono io per occuparmi della vita altrui? Già fatico a occuparmi della mia, prestando tutta quella serie di attenzioni che servono per mantenere un equilibrio omeostatico, tra il dare il prendere, l'avere e l'essere, il mangiare e il defecare. Una fatica. Poi capisci la passione di Beckett per Belacqua. Stare rannicchiati in posizione uterina e attendere, purgarsi, tanto a poco a poco, un giorno dopo l'altro, il paradiso arriverà. Forse.
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