Certo che se ti presenti con quel taglio di capelli, quel sorriso e quello sguardo che mi tiene sollevate le palpebre pronte a chiudersi per sognare e ricordare (o viceversa), allora io mi arrendo, allora io confesso a dio padre poco potente e a voi fratelli perché vederti qui mi mette gioia e benessere addosso e, insieme, il desiderio di prenderti la mano, piano, per scriverti sul palmo due parole minime, leggere, di conferma dello stato di allegrezza che alberga dentro me quando sono in tua presenza.
La fortuna (o viceversa) è data dalla fugacità di questi momenti che spuntano come funghi dopo la pioggia calda di giugno. Accadono nel momento in cui ci siamo. E non sempre noi siamo noi in certi momenti, soprattutto in quelli in cui siamo sommersi dagli impegni quotidiani, o distesi in una solitudine controllata a manutenere il nostro io.
Ma stasera, appunto, direi per caso, pochi minuti di contatto hanno acceso la luce all'orizzonte, è spiovuto e un raggio obliquo è filtrato tra due spesse nuvole a illuminare il tuo volto e quel ciuffo mosso che ti faceva da pendolo tra un occhio e l'altro - e quando tu ci hai soffiato sopra, il tempo si è fermato e ho ricordato un attimo di felicità. Aveva proprio quel sapore.
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