Ho quarantotto anni (per gambini) e sto scrivendo un post, gratis, su un giornalista che scrive un articolo, per cui è pagato, sulla rissa di un presunto tamarro, famoso cantante rap e penso che le ragioni che il giornalista adduce per discolparsi per aver scritto tale articolo, sono ragioni tamarre che fanno di lui un tamarro di tal fatta che, al confronto, il cantante rap tatuato sembra Paolo Conte che fuma una sigaretta scuotendola di tanto in tanto distrattamente sul portacenere posto su uno Steinway mentre ha finito di provare una nuova canzone nella solitudine nottorna dello studio.
Se in un primo momento, a sostegno delle sue ragioni, il giornalista scrive:
Mi ha telefonato il vicedirettore, ma non l’ha impietosito neppure la minaccia (mia) di suicidio dalla Torre Branca, quella che signoreggia sulla discoteca per truzzi «Just Cavalli» e su Parco Sempione, ovviamente a Milano.
facendo quindi credere di essere stato obbligato a parlare di tale argomento, successivamente - e in ciò sta a mio avviso la contraddizione che fa di lui un tamarro - scrive:
parlare di questo coso scarabocchiato e ritrovarmi lanci come questo dell’Agenzia Italia: «Dalla lite di Fedez all’allarme Mers in Corea del Sud, ecco le 5 notizie di oggi da non perdere».
In altri termini: il vicedirettore ha chiesto un articolo al giornalista su un ventaglio di cinque notizie e quindi è stato il giornalista stesso a scegliere di parlare del tamarro. Poteva dunque assolvere il suo ingrato compito lavorativo commentando altra notizia di agenzia. Se non lo ha fatto, se ha scelto di parlare del cantante rap tamarro, è perché, come da regola non scritta di ogni editoriale, ci si pone davanti alla notizia un po' come davanti allo specchio, e si finisce di parlare di sé, da veri tamarri.
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