«Mi
ricordo – ma forse mi ricordo male – una sera di Natale, su per
giù intorno ai venti, ventidue anni, mi ritrovai solo in casa,
semisdraiato su un divano rivestito da una tela chiara sulla quale
erano tinteggiati dei fiori, forse rose dai lunghi gambi verdi pieni
di spine – e io mi punsi – e piansi, sì, mi ricordo che quella
sera piansi, per cosa non mi ricordo bene, non credo che Gesù
c'entrasse molto, forse un amore andato a male come una banana di tre
giorni sopra un termosifone, tutta nera, che se la butti nella
spazzatura sovrasta tutti gli odori, ho detto odori per tenerezza di
quell'amore, meno di me stesso, che mi sto inventando una ragione per
la quale mi ritrovai a piangere, perché io mi ricordo bene il
pianto, meno il movente, l'amore che va a male di solito fa piangere,
è un pretesto, più probabilmente era la solitudine, ma neanche, il
clima natalizio, ovviamente, la finzione atmosferica, le tipiche
trasmissioni televisive natalizie, le musichette, il suono delle
campane delle chiese, l'amore per mia madre che non riusciva a
staccarsi da mia madre, a decollare, io decollato, staccato come
ombra da terra dalla famiglia pur non volando, io che non ho mai
capito a fondo l'attaccamento alla tradizione, così soffocante, così
pretenzioso, irrispettoso degli umori e degli amori, costringente, e
forse la vera ragione per cui piangevo era che non riuscivo, come
adesso, a parteciparvi con un minimo di convinzione, a predisporre
l'animo al flusso della convenzione – e ho trovato tutto questo
sempre poco conveniente, poco confacente, non mi si confà neanche
adesso, ma faccio poche storie, forse perché a piangere son
diventato duro, perché il divano non è a fiori, gli anni sono
raddoppiati e non lascio più banane sul radiatore, le mangio
subito».
Così
Giampiero, tutto d'un fiato, si presentò agli altri, concludendo con
un sorriso disteso, come quello che comunemente si nota nelle persone
che non hanno più niente da nascondere. Consulente aziendale e capo
area di una nota casa farmaceutica, dopo pochi anni di matrimonio,
una coppia di gemelli e la voglia di sparire, aveva confessato alla
moglie la propria omosessualità e lei, forse perché lo amava, forse
perché aveva fatto uno più uno, non l'aveva buttato fuori casa (in
pratica, per lavoro, era fuori casa almeno otto mesi all'anno), gli
aveva chiesto soltanto di attendere a rivelare ai figli la propria
“diversità” almeno finché non fossero stati grandi (e il
problema, tra loro, era stabilire a che età lo sarebbero diventati).
Lui, perché in fondo le voleva bene, aveva accettato l'accordo ma
viveva adesso un momento di crisi perché i bambini facevano la
quinta elementare e lui non voleva loro nascondere più niente,
sopratutto temeva che avessero saputo di rinterzo qualcosa che
avrebbe trasformato la fiducia filiale in una profonda delusione.
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