Non
sapeva più da che parte cominciare per definire questo stato: stasi?
Ne dubitava: nessun muro, pochi segreti, molte brecce aperte nel suo
cuore o nei capelli che si elettrizzavano dopo ogni shampoo
ristoratore. Per fortuna il cappello. Anche per i pensieri, certo,
che altrimenti sarebbero fuggiti via in sospensione, nell'ozonosfera.
Scese
le scale senza molta convinzione, indugiando a ogni gradino per
ricordare dove avesse parcheggiato la macchina. La sera prima era
ritornato a casa mezzo sbronzo, la colombiana non lo aveva reso
felice, solo più aperto. Ubriacarsi fu solo un goffo tentativo di
richiudersi in se stesso, del tutto inutile. Dove poteva trovare
qualcuno che lo capisse nel profondo? Si ricordò di un prete di
campagna che aveva aperto una fraternità cristiana informale, dove
mescolava logoterapia e cristianesimo sapienziale. Caso volle che il
fine settimana venturo fosse previsto un corso, due giorni, una full
immersion di gruppo per meditare sul significato della propria
esistenza.
Si
trovò in mezzo a quattordici persone, più o meno a lui coetanee,
tranne una, una quasi cinquantenne con un neo sul naso e i capelli
rossi e ricci lunghissimi. Con lui gli uomini raggiungevano otto
unità. Le donne, fate il conto. Tranne tre o quattro, nessuno si
conosceva e presentarsi davanti a tutti fu subito una delle prime
prove che il corso prevedeva.
1 commento:
Post interlocutorio, in attesa dei risvolti che potrà apportare la "logoterapia".
Detto bene in apertura, una "stasi".
Sarebbe interessante conoscere il numero dei gradini, e le pause.
caino
Posta un commento