Il
primo a presentarsi fu Giulio, un trentenne bancario con prospettiva
di carriera, dato che suo padre era un dirigente importante della
Cassa di Risparmio dove lavorava. Introducendo la sua storia, egli si
limitò all'essenziale, come se i suoi interlocutori non fossero
stati altro che appuntati dei carabinieri che trascrivevano le
generalità dell'interrogato. Ma quando ebbe a dichiarare le ragioni
per cui si trovava lì in quel consesso di individui in crisi
esistenziale, dovette confessare che la sua fidanzata lo aveva
lasciato poche settimane prima di sposarsi, dopo che avevano
preparato tutto, compresa la casa nella quale avevano deciso di
andare a abitare. Oramai era trascorso più di un anno da quel
momento, ma niente, lui ancora non l'aveva superato, nonostante la
casa l'avessero facilmente rivenduta, e il viaggio di nozze prenotato
lo avesse fatto lui, insieme a un amico, California e Hawaii, due
settimane di distrazioni e piaceri che lo avevano sprofondato in
piena depressione. Perché si trovava lì? Per capire. Capire se ci
fosse una via d'uscita, qualcosa che lo aiutasse non tanto a
dimenticare, quanto a sgravarsi dalla continua sensazione di
fallimento unito a un costante sentimento di rivalsa nei confronti di
colei che adesso era felice da un'altra parte, con qualcun altro e di
coloro che con uno sguardo appena glielo ricordavano, era così,
parenti e amici, lo vedevano quasi sempre nervoso, con quelle labbra
all'ingiù, pronto a prendersela per ogni sciocchezza che poteva
capitare. Adesso basta. Si era rotto le palle di questa vita inutile, di sonno difficile da prendere e sogni difficili da completare, alzarsi al mattino controvoglia con lo stomaco chiuso e nessun desiderio più.
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