«È introvabile un lavoratore su cinque», perché quell'uno su cinque che le aziende (piccole e medie imprese) cercano dev'essere un lavoratore qualificato e competente:
«ancora oggi si fa fatica a trovare ingegneri, architetti, specialisti in scienze economiche e gestionali d’impresa; ma anche periti, dirigenti, operai specializzati; e a tutti, oltre a una preparazione scolastica di qualità (che spesso “non emerge” durante le selezioni), viene richiesta, pure, un’esperienza lavorativa precedente (per due candidati su tre è considerata dai datori di lavoro "un requisito fondamentale" per l’inserimento in azienda)» (via)
Se da un lato la speranza principale delle aziende è di vendere merci nuove, dall'altro lato (per quanto riguarda il capitale umano) le aziende mica vogliono comprare merce-lavoro nuova, macché: preferiscono l'usato sicuro, bell'e rodato.
Allora - dato che la colpa muore sempre vergine, come i lavoratori senza esperienza - dalle parti della Confindustria rilanciano «l’urgenza di un dialogo, più stretto e proficuo, tra istruzione e mondo produttivo».
In sostanza: bisogna che la scuola formi della merce lavoro competente (ah le competenze, che passion!).
E infatti
«Ciò accade perché, sotto la spinta di Industria 4.0, la manifattura sta cambiando velocemente e c’è necessità di collaboratori in linea con i mutamenti in atto - sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli -. Il tema è centrale. Se non vogliamo accrescere il numero di inoccupati è imprescindibile che scuola e università ascoltino aziende, categorie e territori, nel disegnare l’offerta didattica: con questi numeri non possiamo più permetterci una formazione slegata dalle reali necessità del mondo produttivo».
Siccome, à la fois, la dichiarazione del vice presidente per il Capitale umano è un concentrato di stronzate da sciacquonare («sotto la spinta di Industria 4.0) e di elementi da analizzare («la manifattura sta cambiando» significa semplicemente questo: c'è e ci sarà sempre meno bisogno per le aziende di acquistare forza lavoro, se non quella capace di far funzionare e manutenere le macchine che hanno sostituito la forza lavoro stessa), mi limito, in estrema sintesi, a suggerire alle scuole e alle università di dedicare alcune ore di ricevimento alle inascoltate aziende patrie per farsi disegnare alla lavagna (meglio: alla Lim) la loro proposta didattica, volta a non accrescere il numero di inoccupati, che è questa: bocciare il 95% degli studenti finché essi non otterranno la pensione. Minima (forse).
3 commenti:
No, no, facciano redigere a confindustria i programmi scolastici e quelli relativi ai corsi di laurea
Ma lo fanno, purtroppo. Il mondo della formazione (IFTS, FSE) offre a chi li vuole seguire tanti bei corsi su argomenti richiesti dalle aziende. Il problema è che buona parte degli impresari è poco lungimirante, e quindi chi esce da questi corsi di solito ha maturato competenze che riguardano figure professionali ormai obsolete.
ano', caquali corsi.
intendono dire che lo studente deve andare a bottega gratis per fare "esperienza" e che l'assicurazione e altri oneri vanno a carico della collettività. come nell'età comunale.
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