A
volte sogno di separare me stesso e dispormi su tre piani,
scombinandoli, come
il corpo di una valletta che un prestigiatore ha appena fatto a pezzi
con lame misteriose: e prendo una scatola, quella coi piedi, e la
incammino verso Santiago per scoprire se c'è davvero un rapporto tra
i chilometri e la fede, e pure se Dio cammina con le scarpe da
ginnastica e di quale marca (anima sana in corpore sano?)
Successivamente,
prenderei la scatola del centro, quella della vita impropria, nel
senso della vita dei pantaloni, o dei bassi desideri dell'impero del
peccato: una scatola bandita come primo premio al tavolo del mercante
in fiera. Sotto di me il lattante in attesa della balia.
Infine
la scatola del giudizio, quella del cervello in una vasca
idromassaggio a pensare se vale la pena pensare e darne le
risultanze, ad esempio: in questa forma; oppure rinunciarvi, andare
in automatico, compiere gesti perché è naturale compierli, come se
ci fossero ordinati da una autorità superiore...
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