venerdì 22 febbraio 2013

I corpi sono radicati nell'essere sticazzi


« 1. “Per fare il miele, mio caro, le api raccolgono i succhi delle piante più diverse e li portano all'unità di un solo succo:
2. i diversi succhi non si distinguono più, l'uno come il succo di una tale pianta, l'altro come il succo di un'altra pianta; egualmente, in verità, o mio amico, tutte le creature, pur essendo profondamente radicate nell'Essere, ignorano che esse sono radicate nell'Essere.
3. Qui, sulla terra, che esse siano tigre o leone, lupo o cinghiale, verme o farfalla, mosca o zanzara, tutte loro sono quelle che sono.
4. Per quanto si riferisce all'essenza sottile, invece, è da questa che tutte sono animate; essa è l'unica realtà, è l'ātman, e tu stesso, o Svetaketu, lo sei.” “Signore”, disse il figlio, “istruitemi ancora.” “Sia pure, mio caro”, rispose il padre.»

Upanisad antiche e medie, a cura di Pio Filippani-Ronconi, Bollati-Boringhieri, Torino 1960 (ed. 1995 pag. 304-5).

Io aspetto primavera per mettermi a svolazzare sui succhi delle piante. Questo gelo non è affatto propizio al mio umore psicofisico. Orino male, stocazzo di uretrite che nemmeno avessi fatto sesso con un'ape, appunto, che ha il pungiglione nel didietro. E quindi il ragionamento è influenzato dal corpo, ovvero il corpo tende a farsi maggiormente presente, almeno la parte che ha da lamentarsi. Così, cerco di rifugiarmi nelle parole della saggezza orientale. Leggere che tutti quanti noi viventi siamo radicati nell'Essere provoca in me una certa suggestione, giusto il tempo del battito d'ali di una farfalla. Nubifragio a Catania e Atene. Infatti, l'Essere mi fa pensare subito al Tempo, e tutto ho fuorché il bisogno di rammentare i pensieri metafisici del filosofo nazista coi pantaloni alla zuava che, a naso, credo sia nel mainstream dell'ideologia della Casaleggio e C.
Essere, Tempo, Essenza... mah. Sono modi per fuggire dal corpo, quando il corpo impone troppa presenza. Anche in condizioni normali di salute gli concediamo così tanto tempo da esserne (quasi) schiavi. E àlzati e vèstiti e làvati e mangia e bevi e i bisogni e arrivi alla sera stanco senza che il corpo abbia cessato per un attimo di essere al centro delle tue attenzioni. Ma l'idea di staccarsi dal corpo come l'ombra da terra dell'aeroplano (D. Del Giudice) per far fluire i pensieri in maniera libera e indipendente è un'idea banalmente fallace. Il corpo è il nostro canale di comunicazione col mondo e anche i pensieri sospesi, che ci sembrano autonomi, sono legati al corpo da fili sottili.
Nuovo pensiero banale: i pensieri del corpo sono delle esche sospese, affinché altri corpi possano essere catturati per dare attenzione, cura, ascolto, gratificazione e giudizio all'io (essere del corpo) che le ha lanciate. In altri termini, quale che sia la modalità, il corpo comunica (o denuncia) la propria presenza al corpo degli altri o parlando, o scrivendo, o suonando gentilmente il campanello, o urlando da una piazza, o inviando una lettera di rimborso come fosse vera: qualcuno abbocca.

2 commenti:

Massimo ha detto...

Boh, ma alla fine siamo corpi, no? Voglio dire, se uno ci fa caso, non c'è altro. Corpi con una spiccata autonomia, sottoposti a leggi fisiche di logorio e invecchiamento.

Luca Massaro ha detto...

sì, siamo corpi, volevo solo tentare di spiegare che, quando parti del corpo dolgono, se ne disperde unità e il pensiero ne soffre.