« 1. “Per fare il miele, mio caro, le
api raccolgono i succhi delle piante più diverse e li portano
all'unità di un solo succo:
2. i diversi succhi non si distinguono
più, l'uno come il succo di una tale pianta, l'altro come il succo
di un'altra pianta; egualmente, in verità, o mio amico, tutte le
creature, pur essendo profondamente radicate nell'Essere, ignorano
che esse sono radicate nell'Essere.
3. Qui, sulla terra, che esse siano
tigre o leone, lupo o cinghiale, verme o farfalla, mosca o zanzara,
tutte loro sono quelle che sono.
4. Per quanto si riferisce all'essenza
sottile, invece, è da questa che tutte sono animate; essa è l'unica
realtà, è l'ātman, e tu stesso, o Svetaketu, lo sei.”
“Signore”, disse il figlio, “istruitemi ancora.” “Sia pure,
mio caro”, rispose il padre.»
Upanisad antiche e medie, a
cura di Pio Filippani-Ronconi, Bollati-Boringhieri, Torino 1960 (ed.
1995 pag. 304-5).
Io
aspetto primavera per mettermi a svolazzare sui succhi delle piante.
Questo gelo non è affatto propizio al
mio umore psicofisico. Orino
male, stocazzo di uretrite che nemmeno avessi fatto sesso con un'ape,
appunto, che ha il pungiglione nel didietro. E quindi il ragionamento
è influenzato dal corpo, ovvero il corpo tende a farsi maggiormente
presente, almeno la parte che ha da lamentarsi. Così, cerco di
rifugiarmi nelle parole della saggezza orientale. Leggere
che tutti quanti noi viventi siamo radicati nell'Essere provoca in me
una certa suggestione, giusto il tempo del battito d'ali di una
farfalla. Nubifragio a
Catania e Atene. Infatti,
l'Essere mi fa pensare subito al Tempo, e tutto ho fuorché il
bisogno di rammentare i pensieri metafisici del filosofo nazista coi
pantaloni alla zuava che, a
naso, credo
sia nel mainstream dell'ideologia della Casaleggio e C.
Essere,
Tempo, Essenza... mah. Sono
modi per fuggire dal corpo, quando il corpo impone troppa presenza.
Anche in condizioni normali di salute gli concediamo così tanto tempo da
esserne (quasi) schiavi. E àlzati
e vèstiti
e làvati
e mangia e bevi e
i bisogni e arrivi
alla sera stanco senza che il corpo abbia cessato per un attimo di
essere al centro delle tue
attenzioni. Ma l'idea di
staccarsi dal corpo come l'ombra da terra dell'aeroplano (D. Del
Giudice) per far fluire i pensieri in maniera libera e indipendente è
un'idea banalmente
fallace. Il corpo è il nostro canale di comunicazione col
mondo e anche i pensieri
sospesi, che ci sembrano autonomi, sono legati al
corpo da fili sottili.
Nuovo
pensiero banale: i pensieri del corpo
sono delle esche sospese,
affinché altri corpi possano essere catturati per dare attenzione,
cura, ascolto, gratificazione e giudizio all'io (essere del corpo)
che le ha lanciate. In altri termini,
quale che sia la modalità, il corpo comunica (o denuncia) la propria presenza al
corpo degli altri o parlando, o scrivendo, o suonando gentilmente il
campanello, o urlando da una piazza, o inviando una lettera di
rimborso come fosse vera: qualcuno abbocca.
2 commenti:
Boh, ma alla fine siamo corpi, no? Voglio dire, se uno ci fa caso, non c'è altro. Corpi con una spiccata autonomia, sottoposti a leggi fisiche di logorio e invecchiamento.
sì, siamo corpi, volevo solo tentare di spiegare che, quando parti del corpo dolgono, se ne disperde unità e il pensiero ne soffre.
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