Come olmo a cui la pampinosa pianta
cupida s’aviticchi e si marite,
se ferro il tronca o turbine lo schianta
trae seco a terra la compagna vite,
ed egli stesso il verde onde s’ammanta
le sfronda e pesta l’uve sue gradite,
par che se ’n dolga, e piú che ’l proprio fato
di lei gl’incresca che gli more a lato
Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata, XX, 99 [¹]
–
Sono
stanco, – disse Ester, la moglie di Andrea.
–
Come
sei “stanco”?, – chiese Andrea, il marito di Ester.
–
Sì,
sono stanco, hai capito bene. Sono stanco di fingere, di continuare a
negare quello che veramente sono. Io non posso continuare a dire mi
sono rotta i coglioni come fosse un modo di dire, perché io i coglioni, caro Andrea, ce li ho veramente.
–
Ma
che ti è preso?
–
Niente
mi è preso. È la realtà che mi ha preso, e che ti prende, se vuoi.
Toccami e senti se dico una bugia.
Andrea
sorrise.
–
Che
fai, non mi credi? Credi che ti prenda per il culo? Se vuoi, te lo
prendo veramente il culo perché, insieme ai coglioni, che
frequentemente mi rompo, spesso mi rompo anche il cazzo e pure questo
non è più un modo di dire.
–
Ma
sei rintronata? Ti ha dato di volta il cervello? Cosa ti è successo
Ester?
–
È
successo che voglio vivere la mia vita mostrando per intero il mio
vero essere.
–
E
chi te l'ha mai negato? Io, per caso? Quando mai ti ho impedito di
essere te stessa e di dimostrare quello che sei e quello che vali?
–
Sei
fuori strada: non sto rivolgendo a te alcuna accusa specifica. Non è
un problema coniugale, è un problema di identità. Mi sono
accorta... accorto di non essere più la donna che hai amato e che
hai sposato. Soprattutto: mi sono accorto di non essere più una
donna, ma qualcos'altro.
–
Non
ti seguo.
–
Andrea
ascoltami bene: non sono più una donna, sono un uomo.
–
Cazzo
dici?
–
Toccami
se non ci credi, avvicinati e, appunto, toccami il cazzo.
–
Ma
quando mai!
–
Non
fare lo stupido, Andrea. Sono mesi che non mi tocchi, che non ci
tocchiamo. Tutto può essere accaduto in questo lungo periodo di
indifferenza. Per esempio, anche tu potresti essere diventata una
donna. E forse non sarebbe peggio.
–
Che
cosa hai bevuto? Hai preso qualche pasticca? Vuoi che chiami la
guardia medica?
–
Smettila
e vieni qui, su. Dammi una mano. E senti.
–
Cazzo!
–
Proprio
quello. Che te ne pare?
–
Ma
cosa hai fatto, perdio! Ti sei fatta operare? Perché? Cosa diranno i
nostri figli, i tuoi genitori, gli amici. Ester! Ma che cazzo hai
fatto, Ester!
–
Mi
sono fatto trapiantare un cazzo, tutto qua. Non ne potevo più di
stare senza. Volevo averne uno tutto mio. Non di avere un cazzone
qualsiasi (sia detto senz'offesa). Uno mio, esclusivo, personale, che
corrispondesse per intero ai miei bisogni, ai miei desideri, alla mia
vera nuova natura.
–
Ma
come hai potuto? Perché non mi hai detto niente, hai tenuto tutto
nascosto, potevamo chiedere aiuto, consiglio.
–
Ma
che consiglio e aiuto! Io ho fatto tutto in piena coscienza e
spontanea volontà, senza alcun condizionamento o costrizione. Ho
approfittato del viaggio a San Paolo e di un bravo chirurgo di
laggiù.
–
Oh,
Gesù! Perché? Potevamo discuterne, litigare, al limite separarci.
Perché hai stravolto il tuo corpo dall'oggi al domani?
–
Perché
il mio corpo e la mia mente lo volevano. Volevo quello che non avevo.
Tu piuttosto, dimmi. Come puoi continuare a vivere senza fica?
–
Me
ne sono comprata una, di plastica.
_______________
¹ Il titolo è ricopiato da qui.
2 commenti:
No, non è agrodolce, è proprio tra il comico e l'amaro. Per giunta con spinte notevoli a riflessioni (flessioni della mente, esatto, parimenti impegnative).
Ovvero :- La scomparsa di ciò che viene chiamato libido.
Il fatto di essere in tanti, in quaso tutti, non aggiunge neppure un ottavo di gaudio.
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