«La
concezione di un uomo già dotato di un intelletto capace di
immaginare la costruzione della civiltà e di crearla è tutta
fondamentalmente falsa. L'uomo non ha semplicemente imposto al mondo
un modello creato dal suo intelletto. Il suo intelletto è esso
stesso un sistema che, nel tentativo di adattarsi all'ambiente
circostante, cambia di continuo. Sarebbe un errore credere che per
realizzare una più alta forma di civiltà dovremmo solo mettere in
pratica le idee che oggi ci guidano. Se vogliamo progredire, dobbiamo
lasciare posto alla continua revisione delle nostre idee attuali che
le future esperienze renderanno necessaria. Siamo così poco capaci
di immaginare quel che la civiltà sarà o potrà essere fra
cinquecento o anche cinquant'anni, quanto lo furono i nostri antenati
medioevali o persino i nostri nonni, che non seppero certo prevedere
il nostro sistema di vita di oggi.
L'idea
di un uomo che deliberatamente costruisce la sua civiltà deriva da
un falso intellettualismo che considera la ragione umana come
qualcosa al di fuori della natura e provvista di una capacità
intellettiva e razionale indipendente dall'esperienza. Ma lo sviluppo
della mente umana è parte dello sviluppo della civiltà; e lo stato
della civiltà in qualsiasi momento determina la portata e le
possibilità di fini e valori umani. La mente non può mai prevedere
il proprio progresso. Dobbiamo sempre lottare per la realizzazione
dei nostri scopi attuali, ma dobbiamo anche dar modo alle nuove
esperienze e agli eventi futuri di decidere quale di tali obiettivi
sarà realizzato.»
Friedrich
A. Hayek, The Constitution of Liberty, Chicago
1960 (edizione italiana, La società libera,
Vallecchi, Firenze 1969, traduzione di Marcella Bianchi e di Lavagna
Malagodi). Cap. 2, “Le capacità creative di una civiltà libera”.
L'uomo
no, non ha deliberatamente creato alcuna civiltà, ovvero l'ha creata
compiendo delle azioni che indirettamente hanno dato vita a delle
particolari civiltà. La natura delle azioni compiute e quindi sommate le une alle altre, il cosiddetto
lavoro svolto, sono state di volta in volta incanalate all'interno del sistema produttivo in vigore in ciascuna epoca.
Ma che cosa principalmente impedisce alla mente di non «prevedere il proprio progresso»?
La storia dimostra che gli uomini, dominanti e dominati, ritengono il sistema produttivo nel quale si trovano a vivere come l'ambiente naturale dal quale non possono prescindere pena, una volta, l'ira degli dèi funesti e il crollo del degree (l'ordine sociale garantito dal quel figlio di puttana del monarca di turno), e, oggi, pena la fine della democrazia liberale, perché solo attraverso il libero mercato e la proprietà privata dei mezzi di produzione l'uomo è veramente libero.
Libero una sega[*].
Anche quella.
Da ciò deriva il nostro difetto di immaginazione e di previsione. Tuttavia, se la mente «non può mai prevedere il proprio progresso», può (anzi, deve/dovrebbe) comprendere le leggi che regolano il processo dell'agire umano (il suo fare e la sua produzione) e quel che da esso scaturisce. Rifiutarsi di compiere questa operazione critica, per tema di ledere la legittimità del potere, è respingere a priori ogni idea di progresso reale e garantire giocoforza lo status quo.
Cazzo, in due secoli di svolgimento il capitalismo è salito più in alto degli dèi dell'Olimpo e di Yahvé.
[*] Ho segato un piccolo albero nel bosco, un abete bianco, alto come un uomo. Ha i rami storti. L'albero di Immanuel.
1 commento:
tutto molto buono, anche il riferimento al legno storto di kant
mi permetto di prendere spunto dal tuo post in quello mio di oggi
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