Il
disagio, il disagio come se l'agio consentisse di credere la vita
qualcosa che, necessariamente, contiene un significato oltre se
stessa e, viceversa, il disagio autorizzasse, necessariamente, la
negazione di ogni significato al vivere e, allora, irresoluto, stare
in mezzo al ponte che collega le due sponde del vivere, guardare di
qua e di là, a destra e manca, mi manca qualcosa, ce l'ho; ce l'ho,
mi manca, ora è l'alba, adesso il tramonto, adesso mi accorgo che
sono, e sto bene, e ora mi dispero perché no, non sono, non sto bene
con il mio sono.
Lo
scorrimento è tutto, tutto. Impuntarsi non serve a niente, farsi
lavare dal tempo è una purificazione: dà la concreta impressione di
ritornare quello che eravamo, polvere compresa, un miscuglio di
materia ed energia che si sforzano di tenere in piedi impressioni e
visioni, pensieri e carezze, mezzi sorrisi e giusto qualche lacrima
per condire, alla fine una puntina di sale non guasta.
Movenze
umane in spazi limitati. Facce in cerca di una giustificazione. Tanti
io moltiplicati che non si raccapezzano della moltiplicazione e si
sentono divisi. Non si pensa mai abbastanza di essere sottomultipli
di unico metro¹: la nostra stessa natura.
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¹ Stasera mi sento talmente
millimetro che devo attaccarmi a qualcosa per risollevarmi, qualcosa, qualcosa
che, da ragazzi, si misurava in centimetri, oppure in pollici. Meglio
i pollici.
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