«Nella banlieue proprio come in certi spazi governati dalle cosiddette mafie, le istituzioni e i rappresentanti dello Stato sono considerati illegittimi e rinunciano all’esercizio della sovranità. In effetti si potrebbe dire che, in base a un calcolo puramente economico, la banlieue è lo spazio in cui la rinuncia alla sovranità rende di più di quanto costa. Ma se la banlieue è consustanziale al benessere a basso costo che partecipa a produrre (e questo Saviano lo ha scritto benissimo), la sua “extra-territorialità” rappresenta anche una minaccia. Salendo i gradini di una “scala della delinquenza” fino all’aperta sedizione, la banlieue rischia di costituirsi come soggetto politico ostile. Per amministrare questo rischio, lo Stato interviene puntualmente esercitando una pseudo-sovranità di tipo coloniale e ricorrendo a una forza pressoché militare.»
«Rispetto alla situazione italiana — radicata nella guerra di unificazione — quella francese stupisce per la sua rapida maturazione, e attira ovviamente la nostra attenzione come fallimentare (o doloso) modello d’integrazione dei flussi migratori. Alla banlieue accade ciò che avrebbe dovuto accadere al proletariato secondo Karl Marx: acquisendo l’autocoscienza, un insieme di individui si costituisce come soggetto politico. Marx aveva torto, perché una classe — proprio come un pezzo di legno — non può raggiungere l’autocoscienza in mancanza di un sostrato. Le recenti vicende francesi suggeriscono però che le segmentazioni etniche, religiose e linguistiche — se pure non determinano naturalmente l’aggregazione — svolgono bene la funzione di sostrato alla soggettivazione politica, dando un contenuto alla fantomatica “coscienza di classe”. E così, tra gli osanna dei cosiddetti islamo-gauchistes è avvenuta una etnicizzazione della lotta di classe. Gli orfani del socialismo si consolano con il nazional-socialismo, gli orfani del comunismo con il comunitarismo.»
Due
capoversi interessanti di un bel post di Raffaele Alberto Ventura che mi ha
dato da pensare quanto segue:
1)
L'analisi è centrata ma la riposta alla domanda sul perché gli
Stati democratici e liberali lasciano esistere, nella propria
giurisdizione, tali manifeste zone di illegalità, è parziale. In
altri termini: l'illegalità, l'eversione, la corruzione, la
sedizione sono fenomeni naturali al pari delle alluvioni? Quali sono
le cause per cui lo Stato rinuncia a esercitare la sua sovranità in
determinate zone? Ragioni culturali (e religiose), politiche, sociali
e, soprattutto, economiche. Ed eccoci al punto: qual è il sistema
economico dominante pressoché tutti gli Stati? Il sistema economico
e produttivo capitalista dal quale emergono, inesorabilmente, le
contraddizioni connaturate al suo svolgimento e alla sua riproduzione
e da cui sorgono, ineluttabilmente, le cosiddette crisi economiche
che scuotono le fondamenta degli Stati.
2)
Marx non aveva torto perché la coscienza di classe dei proletari
della sua epoca, e dell'epoca che seguì la sua morte, si formò
eccome,
almeno sino a un certo punto;
e fu proprio
grazie a
questa autocoscienza formatasi
– dalla quale scaturirono
lotte di classe di vario ordine e tipo che determinarono notevoli
conquiste “sociali” di classe (la riduzione dell'orario di
lavoro, e altre simili bazzecole) – che
gli Stati industrializzati, notoriamente
comitati d'affari della
borghesia, vennero a patti e
concessero quello che, comunemente, passa sotto il nome di Welfare
State. Vero è che questa autocoscienza non portò nell'Europa
industrializzata alcun sovvertimento dell'ordine sociale, ma ciò
è in gran parte dovuto a ragioni e a circostanze storiche precise,
compreso lo scoppio di due
opportune (opportune in senso capitalistico) guerre mondiali
(riguardo alla Rivoluzione d'ottobre, la penso esattamente come
Olympe de Gouges).
Per
ritornare al primo punto: finché nelle zone a sovranità limitata ci
si occupa di affari paralleli (e contigui) a quelli della borghesia
(per esempio con lo sviluppo del mercato illegale di merce ancora
fuori mercato, tipo la droga), a parte qualche retata ogni tanto che
segue generalmente a sconfinamenti di campo troppo arditi, tutto
procede nella norma: pecunia non olet.
Quando invece certuni
pretendono di sovvertire l'ordine costituito, gli Stati si
preoccupano e, dopo un po' di panico iniziale, iniziano serie
contromisure. Di solito, sinora, esse hanno funzionato.
A margine occorre chiedersi
perché nella mente di tanti giovani jungeriani in pectore faccia
breccia il rincoglionimento islamista. E, paradossalmente, finché
giustificano il loro impegno per le gioie che - essi credono - ci saranno ad
attenderli nell'aldilà, beh, certe allucinazioni sono comprensibili
perché rientrano nel patologico; incomprensibile e intollerabile è, invece, lo scopo immanente della loro sovversione: la sharia,
l'instaurare in Europa un regime islamico tipo quello adesso presente
in Arabia Saudita o Sudan o dnegli Emirati Arabi eccetera. Beh, dato
che tali stati esistono già, vadano laggiù a fare i loro bravi
concorsi nella guardia monarchica, per oliare le corde o le fruste o
dirigire il traffico di soli autisti maschi.
Scherzi a parte: il
fondamentalismo religioso islamico è, a mio molesto avviso, il nipote ribelle
dell'irrazionalismo europeo: se i bisnonni e i nonni uccisero Dio per mettere nei forni (e negli altiforni) gli uomini, i nipoti lo fanno rinascere per avere una ragione del cazzo in più
per non disperdere l'eredità di assassini (e testedicazzo).
1 commento:
il marx citato da venturi non c'entra nulla, è un giochino vecchio quello di citarne il nome a sproposito solo per dire che "aveva torto". merda e distintivo.
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