domenica 24 maggio 2015

«Non starò a raccontarlo»

Scrive Scalfari:

«Ho visto pochi giorni fa un vecchio e bellissimo film che ha come protagonisti Robert De Niro e Jeremy Irons ed è intitolato "Mission". Non starò a raccontarlo»

«La sostanza del film è il drammatico scontro tra due missionari gesuiti e le potenze coloniali Spagna e Portogallo nell'America del Sud settecentesca. I due missionari guidano una tribù di nativi in una terra vergine sulle sponde di un fiume e di un'immensa cascata. I nativi indios sono di giovane e giovanissima età e i missionari li hanno convertiti a Dio e civilizzati. Ma questo loro ingresso nella vita civile non piace affatto ai mercanti di schiavi che commerciano in quelle terre traendo dallo schiavismo notevoli ricchezze e non piace neppure alle potenze coloniali europee che sono presenti in Brasile, in Uruguay e in Argentina dei quali il fiume è una via d'acqua comune.

Alla fine un arcivescovo gesuita arriva alla Missione che ormai è diventata un villaggio perfettamente organizzato. L'arcivescovo si compiace con i suoi confratelli per aver civilizzato quegli indios, ma gli impone di distruggere il villaggio e rimandare gli indios nella foresta dalla quale provengono. I due missionari non capiscono quello strano modo di ragionare ma l'arcivescovo gli spiega che se la Missione non sarà rinnegata, il villaggio distrutto e gli indios di nuovo inselvatichiti nella foresta, i soldati delle potenze coloniali stermineranno tutti, missionari compresi. Per di più l'arcivescovo ha timore che i governi di Madrid e di Lisbona facciano pressioni sul Papa affinché sciolga l'Ordine dei gesuiti che sta prendendo nelle colonie dell'America del Sud molte iniziative analoghe a quella Mission. Tutto questo deve essere dunque impedito, evitato, represso.

Questa è la storia che il film racconta terminando con i soldati spagnoli che distruggono il villaggio e uccidono i suoi abitanti compresi i due missionari che hanno rifiutato di obbedire al loro arcivescovo.»

Scherzi a parte, mi auguro anch'io di continuare a scrivere post, anche uno a settimana, sino a novantun anni, magari non sul Papa o sui conflitti interni al potere temporale della Chiesa.

Interessante e onesta questa riflessione scalfariana:
«di questo parlerò oggi per chiarirlo anzitutto a me stesso (mettere per scritto i propri pensieri significa soprattutto precisare ed esplicitare ciò che era ancora informe e perfino inconsapevole) e poi a quanti mi faranno l'onore di leggermi.»

Nondimeno, una volta fatto l'onore, preciso che la riflessione intorno a colui che, a suo parere, «è il più importante personaggio del secolo che stiamo vivendo» non mi trova per nulla concorde, perché papa Francesco non sta rivoluzionando né tantomeno riformando niente di particolare, ma solo cercando soluzioni per far mantenere alla Chiesa il suo potere temporale e non farle perdere altro terreno nei confronti della concorrenza, secolarizzazione compresa.

2 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

l'avevo notata questa curiosa cosa nell'editoriale di stamane.
francamente non mi viene in mente alcun personaggio degno di nota, nel bene e nel male, di questo inizio secolo. avrei dato dei punti ad osama bin laden, ma poi ha sciupato tutto. per questo genere di classifiche ci vogliono le tragedie sennò non escono le figure porche giuste. prevedo non ci sarò molto da attendere.

Marino Voglio ha detto...

oh grazie eh. io di solito mi faccio un punto d'orgoglio del leggere scalfari tutte le domeniche, ma oggi proprio cheddupalle nun me va.

e per di più mission non l'ho neanche visto e arigrazie bis.

(l'uomo del secolo è checco zalone, ma di gran lunga proprio...)