Mi rendo conto: mi rendo conto? Dico: mi rendo conto? Voglio dire: voglio dire? Cosa voglio dire? Insomma: insomma? Suvvia, falla poco lunga e vieni al punto: al punto? Smettila. La smetto. È che ogni tanto leggo rubriche quotidiane di vari editorialisti della stampa nostrana e mi pongo (plastilino) delle domande inerenti la faccende dello scrivere pressoché con cadenza quotidiana. Presa in mano la materia del contendere (era pongo), ecco la mia pallina di pensiero: dopo aver letto per esempio una triade (ordine alfabetico) Facci, Gramellini, Serra, il lettore che percezione ha degli accadimenti?, ha più o meno presa sul reale? si sente intellettualmente soddisfatto e partecipe; e, altresì, indignato o irritato e quindi complice del punto di vista espresso da siffatti autori?
Io tutte le volte che leggo tali rubrichette mi domando questo: se non fossero pagati, ovvero se non fossero sotto contratto, scriverebbero le stesse cose a gratis in un blog? Nell'ordine (alfabetico): scriverebbero sul giustizialismo d'occasione, su Formigoni, sui politici in tv, rimestando - secondo una loro tempistica - sempre nello stesso barattolo di sottaceti andati a male?
E mi rispondo: a) se no, allora ok, sono soltanto dei blogger antesignani che per bravura, merito, età hanno occupato per primi le nicchie a pago disponibili sul mercato; b) se sì: si renderebbero conto che i veri giustizialisti d'occasione, i veri Formigoni, i veri politici in tv sono loro medesimi e che, di conseguenza, dovrebbero graffiarsi da soli?
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