sabato 2 maggio 2015

Un'esatta sensazione

«L'uomo del nostro tempo ha sovente la sensazione che la sua vita privata sia tutta una serie di trabocchetti e che i suoi problemi, le sue difficoltà, trascendano la ristretta cerchia in cui vive. Sensazione il più delle volte esatta: l'esperienza e l'azione dell'uomo ordinario sono circoscritte alla sua orbita personale; la sua visuale e i suoi poteri non oltrepassano i limiti dell'impiego, della famiglia, del vicinato; in ambienti diversi dal proprio si muove male, rimane spettatore. E quanto più si fa strada in lui la coscienza, ancorché vaga, di ambizioni e di minacce che trascendono il suo mondo d'ogni giorno, tanto più gli pare d'essere in trappola.»
C. Wright Mills, L'immaginazione sociologica, Il Saggiatore, Milano 1962 (p. 13).

So di essere in trappola e conosco pure i confini della mia prigione. Ma che faccio? Evado? Francamente, mi sembrerebbe più di fare da cavia fuori che dentro la gabbia in cui sono (e mi sono, quanto mi sono?) più o meno comodamente precipitato. Oh, certo: un giorno ho fatto capolino fuori, senza permesso, e qualche boccata d'aria nuova l'ho presa, ma ho avuto paura, tirava un forte vento, non sapevo a chi santo raccomandarmi, ho visto petali di ciliegio impazziti svolazzare lontani e io, io mi sono detto: i frutti maturano attaccati ai rami dell'albero. E anche le foglie cadono dai rami.

Tutto molto poetico, vero, con la faccenda delle radici a nobilitare il tutto. D'altronde, essere dei fingitori serve anche a questo: a prestare più attenzione agli spazi e ai vuoti che a fissare lo sguardo, inutilmente, sulle sbarre.

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