«Esseri senza finestre», nel senso di Leibniz, naturalmente non sono mai esistiti. Ma noi, esseri «privi di pareti» non solo non siamo «monadi», ma addirittura i loro antipodi. E incomparabilmente più acuto del problema leibniziano – per quale miracolo gli esseri singoli, separati l’uno dall’altro, potrebbero tuttavia «armonizzare» l’uno con l’altro – è oggi il suo rovesciamento: cioè l’interrogativo, su quale base noi «congruisti» potremmo persuadere noi stessi che siamo ancora esseri singoli e ancora noi stessi.» Günther Anders, “L’individuo”, 1963, in L’uomo è antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 1992
Sarà banale, ma quando voglio convincermi di essere me stesso e non un altro, vado in bagno, mi spoglio, mi metto davanti allo specchio e riprendo coscienza di quello che sono. Talvolta mi tocco e mi conforto. Ho di nuovo contezza della mia estensione, del mio limite, dell'impossibilità di essere qualcun altro. Solo alcuni momenti circoscritti mi hanno consentito di varcare la soglia dell'io e non li citerò qui in giudizio perché sono già abbastanza senza pareti, in questa stanza fatta solo di finestre, il blog.
La maggior parte della vita l'ho vissuta con me stesso, anche troppo. È che quelle poche volte che ho tentato di lasciarmi, ho provato quasi subito nostalgia di me e mi sono tornato in braccio. Non che non abbia mai litigato di brutto con me, dicendomi che non mi volevo più vedere: ma è durato poco, qualche ora e mi sono fatto la pace. Chi ama perdona, va da sé.
2 commenti:
ma quando cambi ti riconosci? e da che? prendi appunti? ti selfii? ti misuri?
marino voglio off
Sì, mi faccio i selfi mossi (cit.), per avere scusanti e ampi margini di errore nelle eventuali misurazioni.
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