Sarei
felice - legge Isabella [(8), (9)] - se sapessi quando dovrò morire, se questo male che mi è
saltato addosso ne sarà la causa, se gli sforzi che compio,
l'impegno che ci metto, la battaglia quotidiana per il corpo e per la
mente servirà a qualcosa, oppure sarà tutto inutile
Sono stanca.
Mi hanno dato speranze, i dottori, mi hanno detto di non mollare, che
molto dipende anche da me, dal mio atteggiamento, dalla mia voglia di
lottare. Per quanto persuasivi siano stati, sinora non sono riusciti
a vincere scetticismo e desiderio di arrendersi. Già, ho tanta
voglia di arrendermi, per vivere i pochi giorni che, eventualmente, restano leggera,
andare incontro al fato, prepararmi a salutare tutti, anche solo me
stessa, senza distrazioni o differimenti ulteriori. Godere, per
quanto possibile, degli ultimi respiri, sorsi, morsi, suoni, profumi
e mani addosso, quali non lo so, le andrò a cercare per strada, tra
vecchi amici, o parenti di secondo grado che non rivedo da una vita.
Ho
voglia di lasciarmi andare, di arrendermi al nemico, faccia lui, mi
ha preso, mi ha voluto, agisca e la faccia presto finita, non mi
costringa a combattere inutilmente. Sarei felice se questa riserva
fosse sciolta, se mi fosse data una data, un “più di lì non
potrai andare”. È vero, il destino è comune, ma quando si sta bene
difficilmente ci si pensa, si tira avanti come se non dovesse mai
accadere, la morte. Ma con il male addosso, tutto cambia. La
sensazione è quella di essere spossessati, come se
fosse arrivato un usurpatore, un erede al trono che si presenta e ti
ordina di scendere dal tuo corpo, perché presto non sarà più tuo.
Il mio corpo che rifletteva tanta luce, tanti sguardi, tante voglie
di amare represse, comprese le mie, racchiuse aspettando chissà che,
che stupida sono stata. Tuttavia, non vorrei tornare indietro, non ho
questo desiderio. Voglio solo aprire la porta del mio domani per
sapere se tutto sarà buio, o
se, invece, un raggio, un solo raggio mi dirà: «Awake, dear heart, awake. Thou last slept well. Awake».
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