domenica 10 maggio 2015

Lento, legale, inesorabile

« Nel pieno dell'epoca del piccolo imprenditore, John Taylor aveva scritto: “Ci sono due modi di violare la proprietà privata: il primo, per cui i poveri spogliano i ricchi, è improvviso e violento; il secondo, per cui i ricchi spogliano i poveri, lento e legale... Sia che la legge trasferisca gradualmente la proprietà dei molti ai pochi, o che un'insurrezione spartisca rapidamente la proprietà dei pochi fra i molti, si tratta sempre di una violazione della proprietà privata, egualmente contraria alla nostra costituzione”. La storia degli Stati Uniti è una serie di lezioni sul secondo di questi modi “incostituzionali” di violare la proprietà privata.
I mutamenti avvenuti nella distribuzione e nella natura stessa della proprietà hanno trasformato il vecchio ceto medio, cambiato il modo di vita dei suoi membri e le loro aspirazioni politiche ed estromesso l'uomo libero indipendente dai centri di proprietà del mondo economico. La proprietà democratica gestita personalmente dal proprietario ha ceduto il posto alla proprietà di classe, nella quale lavoro e amministrazione sono affidate all'opera retribuita di terzi. Più che una condizione di lavoro del proprietario, la proprietà di classe è una condizione che lo esime dal dovere di lavorare.
L'individuo che possiede una proprietà democratica ha potere sul suo lavoro, può disporre di se stesso e della sua giornata lavorativa; chi possiede proprietà di classe ha potere su coloro che nulla possiedono, ma che debbono lavorare per lui: il possidente dirige la vita lavorativa del non possidente. Con la proprietà democratica l'individuo resta indipendente da ogni autorità economica: con la proprietà di classe, per vivere, egli deve sottomettersi all'autorità che la proprietà conferisce al suo possessore.
Il diritto dell'uomo di essere libero e radicato in un lavoro che gli appartiene viene negato dalla trasformazione della proprietà; egli non può realizzare se stesso nel suo lavoro, poiché questo lavoro è divenuto una serie di specializzazioni vendute ad altri, più che elemento integrante della sua proprietà. “Il suo lavoro”, come dice Eduard Heiman [?], “non gli appartiene, ma è semplicemente una voce nel bilancio di qualcun altro”.
La concentrazione della proprietà ha così posto fine all'unione di proprietà e lavoro come base della libertà fondamentale dell'uomo, e l'individuo separato dagli strumenti con cui poteva guadagnarsi la vita in modo indipendente ha visto modificarsi la struttura stessa della sua esistenza ed il ritmo psicologico dei suoi piani per il futuro. La vita economica dell'imprenditore infatti, fondata sulla proprietà, abbracciava tutta la sua esistenza e faceva parte dell'eredità familiare, mentre la vita economica del salariato è imperniata sul contratto di lavoro e sul periodo di paga.
Sicuro nel suo mondo, il vecchio imprenditore poteva considerare la sua vita, dal punto di vista economico, come un tutto unico in cui aspettative e risultati non avevano necessariamente carattere d'urgenza. Nel suo secolo gli fu dato di provare la sensazione che i suoi sforzi e la sua iniziativa ricevevano una ricompensa diretta, sicura e libera. Alcuni imprenditori continuano senza dubbio a sperimentare questa vecchia sensazione, ma il grosso dell'esercito borghese è oggi continuamente alle prese, senza scampo, con i “sistemi secondari di sfruttamento” del grande capitale e molti finiscono sopraffatti. Per la stragrande massa della popolazione l'idea di lavorare senza padrone è diventato un inutile mito. Per coloro che nonostante tutto ci provano, la cosa si risolve spesso in una disastrosa illusione ».

C. Wrigh Mills, White Collar. The America Middle Classes, Oxford University Press, New York 1951, edizione italiana, Einaudi, Torino 1966 (traduzione di Sandro Sarti), pag. 34-35.

Ci sono libri che danno soddisfazione a leggerli e ricopiarli. Nato nel 1951, come Bersani, pettinatore di bambole. Io glielo farei leggere a voce alta, all'ex segretario pd, come punizione. A D'Alema no, perché poi mi chiederebbe cinque euro di donazione per la sua Fondazione Italiani Fannopei: di maria giovanna (magari). (Quanto segue è un super P.S. svincolato dal brano magistrale di Mills).
«Dovreb­bero raf­for­zare il pro­gramma, invece di ridurlo — con­clude Grassi — Nello sta­bi­li­mento di Firenze è pre­vi­sta una pro­du­zione, a pieno regime, di cento chili l’anno, che equi­vale al fab­bi­so­gno di un cen­ti­naio di pazienti, non di più. E invece, tanto per fare un esem­pio, solo nell’unità antal­gica dell’ospedale pub­blico di Pisa, il dot­tor Paolo Poli che lo dirige nell’ultimo anno ha trat­tato con far­maci a base di can­na­bis 500 pazienti, e il numero è in crescita».»
Dunque, se non erro, se andasse a regime l'uso terapeutico, la media sarebbe di un chilo di cannabis all'anno per paziente. Curiosità: dato che non ne uso, quanto costa sul mercato illegale al chilo? Di buona qualità certificata, nevvero. Quella della caserma di Rovezzano, sicuramente annaffiata con l'acqua d'Arno, siamo sicuri che da un punto di vista organolettico... ?  

1 commento:

UnUomo.InCammino ha detto...

Il capitalismo è l'organizzazione del sistema centrata sull'ingordigia.
Ha successo perché essa permea tutti gli strati della società.
Mao osservava che gli operai sono piccoli borghesi frustrati.
Appena essi acquisiscono la proprietà di qualche mezzo di produzione diventano piccoli capitalisti.
Anche il potere, oltre al denaro, le dinamiche sono le stesse.


Sono sempre scettico con le critiche morali alla natura umana.
La stessa natura ha un disegno di massimizzazione delle differenze che non è certo l'ugualizzazione gregaria delle teologie monoteistiche e marxista.