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Nel pieno dell'epoca del piccolo
imprenditore, John Taylor
aveva scritto: “Ci sono due modi di violare la proprietà privata:
il primo, per cui i poveri spogliano i ricchi, è improvviso e
violento; il secondo, per cui i ricchi spogliano i poveri, lento e
legale... Sia che la legge trasferisca gradualmente la proprietà dei
molti ai pochi, o che un'insurrezione spartisca rapidamente la
proprietà dei pochi fra i molti, si tratta sempre di una violazione
della proprietà privata, egualmente contraria alla nostra
costituzione”. La storia degli Stati Uniti è una serie di lezioni
sul secondo di questi modi “incostituzionali” di violare la
proprietà privata.
I
mutamenti avvenuti nella distribuzione e nella natura stessa della
proprietà hanno trasformato il vecchio ceto medio, cambiato il modo
di vita dei suoi membri e le loro aspirazioni politiche ed estromesso
l'uomo libero indipendente dai centri di proprietà del mondo
economico. La proprietà democratica gestita personalmente dal
proprietario ha ceduto il posto alla proprietà di classe, nella
quale lavoro e amministrazione sono affidate all'opera retribuita di
terzi. Più che una condizione di lavoro del proprietario, la
proprietà di classe è una condizione che lo esime dal dovere di
lavorare.
L'individuo
che possiede una proprietà democratica ha potere sul suo lavoro, può
disporre di se stesso e della sua giornata lavorativa; chi possiede
proprietà di classe ha potere su coloro che nulla possiedono, ma che
debbono lavorare per lui: il possidente dirige la vita lavorativa del
non possidente. Con la proprietà democratica l'individuo resta
indipendente da ogni autorità economica: con la proprietà di
classe, per vivere, egli deve sottomettersi all'autorità che la
proprietà conferisce al suo possessore.
Il
diritto dell'uomo di essere libero e radicato in un lavoro che gli
appartiene viene negato dalla trasformazione della proprietà; egli
non può realizzare se stesso nel suo lavoro, poiché questo lavoro è
divenuto una serie di specializzazioni vendute ad altri, più che
elemento integrante della sua proprietà. “Il suo lavoro”, come dice
Eduard Heiman [?], “non gli appartiene, ma è semplicemente una voce
nel bilancio di qualcun altro”.
La
concentrazione della proprietà ha così posto fine all'unione di
proprietà e lavoro come base della libertà fondamentale dell'uomo,
e l'individuo separato dagli strumenti con cui poteva guadagnarsi la
vita in modo indipendente ha visto modificarsi la struttura stessa
della sua esistenza ed il ritmo psicologico dei suoi piani per il
futuro. La vita economica dell'imprenditore infatti, fondata sulla
proprietà, abbracciava tutta la sua esistenza e faceva parte
dell'eredità familiare, mentre la vita economica del salariato è
imperniata sul contratto di lavoro e sul periodo di paga.
Sicuro
nel suo mondo, il vecchio imprenditore poteva considerare la sua
vita, dal punto di vista economico, come un tutto unico in cui
aspettative e risultati non avevano necessariamente carattere
d'urgenza. Nel suo secolo gli fu dato di provare la sensazione che i
suoi sforzi e la sua iniziativa ricevevano una ricompensa diretta,
sicura e libera. Alcuni imprenditori continuano senza dubbio a
sperimentare questa vecchia sensazione, ma il grosso dell'esercito
borghese è oggi continuamente alle prese, senza scampo, con i
“sistemi secondari di sfruttamento” del grande capitale e molti
finiscono sopraffatti. Per la stragrande massa della popolazione
l'idea di lavorare senza padrone è diventato un inutile mito. Per
coloro che nonostante tutto ci provano, la cosa si risolve spesso in
una disastrosa illusione ».
C.
Wrigh Mills, White Collar. The America Middle Classes, Oxford
University Press, New York 1951, edizione italiana, Einaudi, Torino
1966 (traduzione di Sandro Sarti), pag. 34-35.
Ci sono libri che danno soddisfazione a leggerli e ricopiarli. Nato nel 1951, come Bersani, pettinatore di bambole. Io glielo farei leggere a voce alta, all'ex segretario pd, come punizione. A D'Alema no, perché poi mi chiederebbe cinque euro di donazione per la sua Fondazione Italiani Fannopei: di maria giovanna (magari). (Quanto segue è un super P.S. svincolato dal brano magistrale di Mills).
«Dovrebbero rafforzare il programma, invece di ridurlo — conclude Grassi — Nello stabilimento di Firenze è prevista una produzione, a pieno regime, di cento chili l’anno, che equivale al fabbisogno di un centinaio di pazienti, non di più. E invece, tanto per fare un esempio, solo nell’unità antalgica dell’ospedale pubblico di Pisa, il dottor Paolo Poli che lo dirige nell’ultimo anno ha trattato con farmaci a base di cannabis 500 pazienti, e il numero è in crescita».»
Dunque, se non erro, se andasse a regime l'uso terapeutico, la media sarebbe di un chilo di cannabis all'anno per paziente. Curiosità: dato che non ne uso, quanto costa sul mercato illegale al chilo? Di buona qualità certificata, nevvero. Quella della caserma di Rovezzano, sicuramente annaffiata con l'acqua d'Arno, siamo sicuri che da un punto di vista organolettico... ?
1 commento:
Il capitalismo è l'organizzazione del sistema centrata sull'ingordigia.
Ha successo perché essa permea tutti gli strati della società.
Mao osservava che gli operai sono piccoli borghesi frustrati.
Appena essi acquisiscono la proprietà di qualche mezzo di produzione diventano piccoli capitalisti.
Anche il potere, oltre al denaro, le dinamiche sono le stesse.
Sono sempre scettico con le critiche morali alla natura umana.
La stessa natura ha un disegno di massimizzazione delle differenze che non è certo l'ugualizzazione gregaria delle teologie monoteistiche e marxista.
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