«Se infatti è vero che tutti gli uomini sono fratelli per la loro comune origine, ciò implica soltanto un allargamento all'intero globo del campo d'azione dei litigi familiari. La sola fraternità reale, la sola creativa e durevole, sarebbe quella capace di definire un nuovo fine comune. E solo a ciò mirano tutte le nostre piccole recriminazioni. Ed è ciò che le legittima ben al di là del loro significato, in modo affatto diverso da quello che noi immaginiamo. L'irritazione cronica che io provo al solo contatto con la “gente” che mi circonda, è un'inconsapevole protesta contro la vita disgregata nella quale ci troviamo. E non si tratta certo di soffocare questa protesta, ma al contrario di portarla fino in fondo. Bisogna prenderla talmente sul serio, nutrirla con tali aspettative, con un senso critico tanto inflessibile, da renderla realmente insostenibile, e per nulla al mondo placabile – neanche mediante le necessarie rivoluzioni – se non nell'alveo del fine ultimo che ci indica e invoca. Tutte le nostalgie dell'Europa, tutti i falsi acquietamenti ch'essa offre loro, per poi dolersene subito dopo, tutta la miseria dei milioni di isolati che formano le nostre folle e salutano i dittatori, tutto ciò non è altro che una preghiera inconsapevole: venga la Chiesa universale – la rivelazione del Prossimo.»
Denis
de Rougemont, Diario di un intellettuale disoccupato,
Fazi, Roma 1997, pag. 163 (Journal d'un intellectuelle en
chômage, 1937, traduzione di
Manuela Maddamma).
Dopo
aver accontentato i mercati (il capitale), i governanti
democraticamente eletti* d'Europa si ritireranno nei loro chalet o
relais o dove gli parrà più comodo. Saranno comunque ricompensati
per il lavoro svolto. I mercati potranno così comprare i buoni del
tesoro di quei paesi che, attraverso rigorose politiche di bilancio,
garantiranno loro di rivedere indietro i soldi investiti a scadenza
dei termini. I mercati hanno paura del default (insolvenza).
Domanda
assurda: i possessori di quei soldi gestiti dai mercati – quella
ristretta cerchia di novelli re-mida – non avrebbero altro modo per
spendere quei soldi che investirli come dicono i mercati?
Domanda
più assurda: se un giorno, prima o poi, tutte le nazioni
diventassero Grecia, dove diamine investirebbero i loro soldi i
mercati? Ovverosia: dove finirebbe tutta quella gran messe di
capitale?
Faccio
un esempio: se il multimilionario XY decidesse di spendere
concretamente tutti i suoi soldi non saprebbe da che parte
cominciare, un po' come se si ordinasse a qualcuno di bere tutta
l'acqua del mare. Un individuo, chiunque esso sia, è un essere
finito che può soddisfare soltanto un numero finito di bisogni e
desideri.
Secondo
me la soluzione più razionale sarebbe che coloro che non partecipano
al banchetto del capitale cominciassero ad azzannare i possessori
dello stesso, un po' come i cani abbandonati là fuori nella tormenta
hanno iniziato a mordere il primo che passa. Obiezione: ci sono
troppi guardiani in tuta antisommossa che proteggono i protettori di
coloro che sono a palle a mollo alle Maldive o alle Vergini.
Non so
perché ma mi viene in mente Cecità
di Saramago. Fuori è buio e devo camminare un due-trecento metri
nella neve per andare a cena fuori.
*O che, comunque, hanno ottenuto una maggioranza parlamentare.
*O che, comunque, hanno ottenuto una maggioranza parlamentare.
1 commento:
Forse è un'espressione che può suonare retorica e storicamente sorpassa. Se non che nel mio quotidiano ne subisco i danni puntualmente, quando puntualmente mi si rivela: concreta, in carne e ossa, ammorbante e viscida come sabbie mobili.
L'espressione è la seguente, e potrebbe forse indirizzare i cani a fiutare le ossa giuste da azzannare.
Il vero problema non sono i padroni, ma i servi dei padroni, colpevoli di connivenza omertosa.
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