«Sì parlò mai nell'antichità, tra schiavi e padroni, o nel Medioevo, tra servi della gleba e baroni, di un ugual diritto di tendere alla felicità? Non venne forse la tendenza alla felicità delle classi oppresse sacrificata senza riguardi e in “ossequio al diritto” a quella delle classi dominanti? Sì, e la cosa era immorale; ma ora questo ugual diritto viene riconosciuto. Riconosciuto a parole, dacché e finché la borghesia, nella sua lotta contro la feudalità e nella formazione della produzione capitalistica, era costretta a sopprimere tutti i privilegi di casta e quindi personali, e a introdurre l'uguaglianza giuridica delle persone, prima nel diritto privato, poi a poco a poco anche nel diritto pubblico. Ma la tendenza alla felicità si alimenta solo in piccolissima parte di diritti ideali, e per la maggior parte di mezzi materiali, e a questo riguardo la produzione capitalistica ha cura che la grande maggioranza delle persone uguali in diritto riceva solo lo stretto necessario per vivere. Essa dunque non rispetta l'uguale diritto della maggioranza di tendere alla felicità più di quanto lo rispettassero la schiavitù o la servitù della gleba, se pure lo rispetta, in generale. E le cose vanno forse meglio per quanto riguarda i mezzi spirituali della felicità, i mezzi dell'educazione intellettuale?».
Di tutto il brano di Friedrich Engels riportato (tratto da Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, 1886, Editori Riuniti, Roma 1969), che - mi sembra- dovrebbe essere mandato a mente da tutti gli umani che non sono capitalisti, io vorrei limitarmi a rispondere alla domanda “finale”, che riscrivo:
«E le cose vanno forse meglio per quanto riguarda i mezzi spirituali della felicità, i mezzi dell'educazione intellettuale?»
Per quel che mi riguarda, sì, anche se mi rendo conto che questo non basta, in fondo i mezzi spirituali sono le briciole che i padroni lasciano a noi che non abbiamo la vocazione, l'urgenza di essere loro servi o di emularli al punto di diventarlo anche noi, padroni. In fondo, dai tempi in cui Marx ed Engels scrivevano, il mondo è stato sufficientemente alfabetizzato, soprattutto la sua parte “occidentale”, che se uno vuole, almeno spiritualmente (leggi: seghe mentali), un po' di catene riesce a togliersele, riesce a godere, a essere felice fruitore della beltà, ovvero di quelle cose del pensiero per cui vale la pena vivere. Va bene, a casa non ho un Van Gogh, un Picasso o chi volete voi, ma posso comunque vederli. Va bene, nessun musicista mi compone variazioni, tuttavia le posso ascoltare; così come posso leggere Dante, vedere Amarcord, o altre cose che mi strappano alla disperazione. Certo, prima lo stomaco, un tetto, un po' di pelo, eccetera, tutto vero; ma poi, prendo un libro (anche Engels) o un post di qualche amica/o blogger e, anche se rasoterra, mi succede di volare.
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