«Viviamo a
una svolta della storia tra due formazioni economico-sociali. È una
cosa che nessun lucido osservatore della vita sociale, accetti o meno
il socialismo e la sua prospettiva come soluzione, potrebbe negare.
Questa svolta si accompagna, come sempre nella storia, a diversi
“terremoti” dei quali il più importante è la crisi dei valori
tradizionalmente ammessi. Fino a quando i rapporti sociali si
costituiscono tra gli uomini sulla base di un sistema di produzione
che funziona normalmente, l'individuo accetta le forme tradizionali
della società, e il suo posto entro questa società come cose
normali, in quanto stabili e conformi ai lavori socialmente ammessi;
e il sistema di valori dominante nella società gli appare
“naturale”, giacché è conforme ai rapporti stabiliti e ai
bisogni degli uomini quali vengono socialmente avvertiti. Così, il
sistema di valori accettato dalla società è il prodotto di rapporti
sociali definiti e ne costituisce in pari tempo la base che ne
garantisce la stabilità. Basta dunque che il modo di produzione
venga sconvolto perché ne conseguano ripercussioni nell'accettazione
sociale del sistema di valori che gli è connesso, e – inversamente
– lo sconvolgimento del sistema di valori si ripercuote
immediatamente nel sistema della vita sociale. Come l'individuo
malato prende coscienza dell'esistenza e del funzionamento di organi
ai quali chi è sano non presta alcuna attenzione, così l'individuo
che vive in una società “malata” nella quale vi sia discrepanza
tra i rapporti di produzione realmente esistenti e quelli realmente
necessari nella situazione data, comincia a prendere coscienza delle
sue relazioni con gli altri uomini, con la società, e ad avvertirle
come negative. L'epoca più critica è la fase di transizione, il
momento in cui l'antico sistema di valori volge al suo declino – e
gli uomini se ne rendono più o meno conto – e il nuovo non si è
ancora definitivamente cristallizzato, o, in tutti i casi, non è
ancora accettato dalla società, né avvertito come “naturale”. È
quanto è avvenuto nel passaggio dal feudalesimo al capitalismo, e
che oggi viene provocato dalla transizione del capitalismo al
socialismo, che è incontestabile, anche se le sue forme, e perciò
stesso le sue denominazioni, possono essere diversissime.»
Adam Schaff,
Marx e l'umanismo contemporaneo,
in AA.VV. Marx vivo
(tit. or. Colloque Marx),
Mondadori, Milano 1969
Al
di là dell'ottimismo eccessivo e mal riposto (il socialismo
reale che Schaff contrappone al
capitalismo dell'epoca è stato tragicamente, e giustamente,
sconfitto dalla storia), questo brano contiene alcuni passaggi
interessanti, in quanto aderenti alla situazione storica attuale.
Vanno
modificate:
a)
la prima frase: «viviamo a una svolta della storia tra due
formazioni economico-sociali»
con «viviamo a una svolta della storia di una formazione
economico-sociale: il capitalismo»,
giacché il pianeta è dominato soltanto dal capitalismo;
b)
e un'asserzione dell'ultima frase, ove si dichiara che la
«transizione del capitalismo al socialismo […]
è incontestabile».
Non lo è.
Per
il resto mi sembra una bella lettura che ci riguarda.
Cosa
penso di queste mie prime letture marxiste? Che esse descrivono uno
“splendido” inferno.
È il paradiso ch'è
difficile da raccontare.
E
quasi peregrin che si ricrea
nel tempio del suo voto riguardando,
e spera già ridir com'ello stea,
nel tempio del suo voto riguardando,
e spera già ridir com'ello stea,
su
per la viva luce passeggiando,
menava ïo li occhi per li gradi,
mo sù, mo giù e mo recirculando.
menava ïo li occhi per li gradi,
mo sù, mo giù e mo recirculando.
(Par.
XXXI, 43-48)
3 commenti:
Grazie di questo intervento Olympe.
Innanzitutto: sì, ho apprezzato il brano perché lo trovo consono alla C.M.d.S.
Ma quello che mi preme è che tu mi chiarisca questo: la Cina, Cuba... se sono questi rappresentanti del socialismo, beh, allora tengo questa sbertucciata repubblica democratica, asservita al capitale, nella ho avuto la ventura di nascere e abitare. E senza dubbio alcuno. Se la fase: "dittatura del proletariato" deve conoscere tali esiti, e per così tanti anni, mi spiace ma non ce la faccio ad accettarlo: preferisco sperare nel riformismo, capisci?
E poi: il regime cinese non è di per sé un tragico fallimento del comunismo? Cioè a dire: è comunismo quello?
ma infatti non considero comunista la cina o cuba, ma la mia domanda è: li considerava tali l'autore?
Sì, può darsi di sì, vista la biografia che wikipedia riporta.
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