Spigolando qua e là nella sinistra in rete, ho trovato il brano seguente:
«Secondo
Bankitalia, nel 2012 il 10% della popolazione più ricca possedeva
quasi la metà della ricchezza nazionale (il 46,6%), mentre il 10%
delle famiglie più povere percepisce solo il 2,4% del totale dei
redditi.
In
Italia dieci persone possiedono 75 miliardi di euro, pari al reddito
di 500 mila famiglie operaie. Solo duemila persone possiedono un
patrimonio superiore a 169 miliardi di euro, proprietà immobiliari a
parte.
I
soldi dunque esistono, ma sono stati dirottati verso l’alto della
piramide sociale, mentre in basso dilaga la povertà, la deprivazione
anche alimentare, la precarietà del lavoro che sfuma verso la zona
grigia del lavoro povero e dell’inoccupazione. Giunti al sesto anno
della crisi, aggravata dalle politiche dell’austerità ispirate al
rigore fiscale, ai tagli alla spesa pubblica e all’aumento delle
tasse adottate anche dai governi italiani, sono cresciute le
diseguaglianze sociali, mentre i salari vengono compressi. Nel 2013,
sono cresciuti in Italia solo del 3,69%, negli Stati Uniti sono
invece aumentati del 36,34%, in Francia del 32,85%, in Germania del
28,53%.
Si
lavora come sempre tanto, ma si viene pagati sempre di meno, e non si
risparmia nulla. In questa cornice è esplosa la povertà. Tra il
2007 e il 2012 coloro che vivono in povertà assoluta sono passati da
2 milioni e 400 mila a 4 milioni e 800 mila, pari all’8% della
popolazione. Secondo i dati Istat, analizzati nel rapporto, i poveri
relativi sono il 15,8% della popolazione: 9 milioni 563 mila persone.
La disoccupazione generale è, al momento, al 12,6%; quella giovanile
(15–24 anni) è al 43%. Dall’inizio della grande recessione,
oltre 980 mila persone hanno perso il loro posto di lavoro. Solo tra
il 2012 e il 2013 sono evaporati 424 mila posti di lavoro. Peggio
dell’Italia, ci sono solo Grecia, Croazia e Spagna.»
E pensavo, dato che, come scrisse Leonardo Sciascia:
«L'unica distinzione tra destra e sinistra possibile è oggi questa: il continuare a pensare, il tentare di continuare a pensare. Uomo di sinistra è colui che pensa. La sinistra che ancora esiste è quella soltanto fatta di uomini che pensano». Epoca, marzo 1979
...pensavo agli elettori che si stimano di sinistra pur votando e approvando la politica del Partito Democratico, e vorrei loro domandare: tutto bene? Renzi: e basta la parola? C'è gusto a governare, o meglio: a osservare al governo il segretario del vostro partito? Gonfie vele? Niente tristezza? Ferie senza pensieri? L'autunno è lontano? Le riforme attuate (?) e quelle promesse (!) vi soddisfano? Se ci fossero le elezioni domani, ora, subito, un click e via, tipo cinquestelle, votereste ancora come avete votato? Dite che non c'è alternativa, dato che più a sinistra di voi... Tsipras? (Un soffio 'sto Tsipras, convengo). Inoltre, credete nella ripresa e nella crescita, allo zero virgola, promesse? Basta piangersi addosso - suggerite - e iniziare invece ad avere fiducia nell'Italia? Lexotan?
Capisco. Vi prego una cosa, una cosa soltanto: casomai vi prendesse l'uzzolo di incazzarvi un pochino, non andate a gonfiare le vele dei cosiddetti radicali di sinistra:
«Questi intellettuali (di sinistra) hanno poco a che fare con il movimento operaio. Sono invece un fenomeno di disgregazione borghese, che fa da contrappunto a quella mimetizzazione feudale che l’impero ha ammirato nell’ufficiale in congedo. I pubblicisti del tipo di Kästner, Mehring o Tucholsky [Giglioli?], i radicali di sinistra sono la mimetizzazione proletaria della borghesia in sfacelo. La loro funzione è quella di creare, dal punto di vista politico, non partiti ma cricche, da quello letterario non scuole ma mode, da quello economico non produttori ma agenti. Agenti o routiniers che fanno grande sfoggio della loro povertà e si rallegrano del vuoto che si spalanca davanti a loro».
W. Benjamin, Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, tr. it di A. Marietti Solmi, Einaudi, Torino 1973, p. 210 (preso qui)
...ma leggete Marx. E pure Engels.
4 commenti:
caro compagno massaro, ti seguo da tempo e nell'insieme ti apprezzo. condivido il post attuale al 98%, ma quel restante 2% pesa e mi pesa. tu scrivi che nel 2013 i salari in Germania sono cresciuti del 28,53%. un sito tedesco, serio, non come quelli che scendono in ferie a Rimini, a proposito del 2013 scrive:
"Nach Angaben des Statistischen Bundesamts sanken die Reallöhne in Deutschland im Jahr 2013 im Vergleich zum Vorjahr um durchschnittlich 0,1%". Traduzione: "secondo l'ufficio federale di Statistica i salari reali in Germania nel 2013 sono diminuiti in media dello 0,1% rispetto all'anno precedente". caro compagno, mi sai dire da dove hai tirato fuori il tuo dato (io ti so dire da dove ho tirato fuori il mio)? mi fermo alla domanda, prego risposta, altrimenti continuando dovrei usare un termine che per ora rimetto in tasca. fammi sapere.
franco valdes piccolo proletario di provincia
Caro Franco, in esergo ho linkato il sito di Sinistra in rete che ha riportato un articolo preso da Il manifesto. Mia imprudenza accogliere senza verifica i dati.
Saluti cordiali
Alla prima riga e mezza del commento di Franco mi è spuntato un sorrisetto complice, "ecco qualcuno che condivide la mia perplessità!"
Arrivata al punto contestato, RI-letti il post di Luca e l'articolo linkato, riconosciuto che quelle percentuali di crescita salariale negli USA e in alcuni Paesi europei sembrano in effetti un po' marziane... mi sono detta che dovrei essere un po' più attenta e critica, quando leggo. Allora via google ho provato ad emendarmi seduta stante, partendo alla caccia di altri dati sul punto; ma numeri e tabelle non essendo il mio forte e men che meno i meandri della rete, per tacer del linguaggio economico-finanziario, ho ben presto e poco onorevolmente rinunciato.
Ah sì la mia, di perplessità: suonava "non toccatemi Tucholsky!"
(e nel frattempo io penso: oggi presempio sto a pensa' a ario, macario e costantino+elena, per motivi miei.
me considererebbe de sinistra a me, sciascia?. boh. ma me sa de no)
Posta un commento