Mi sembrava fosse tempo di anniversari
ma, sbadato come sono, me ne sono dimenticato. Due giorni fa, il 4
novembre, il blog di quel tal Lucas ha compiuto cinque anni. Un
lustro.
Devo dire qualcosa? No, non ho niente
da dire, se non dire che sono contento di me stesso per essere ancora
qui, voglioso, desideroso, quasi eccitato, potrei dire in fregola,
davanti a questo schermo pronto, in tiro come sempre a scrivere
qualcosa e poi buttarlo là, nell'indeterminato.
Piccoli post che, come farfalle che
nascono da me bruco, svolazzano in cerca di qualcuno nella rete che
le catturi, non oso dire le infilzi e ne faccia collezione, no, le
osservi, come io stamani ho osservato una falena marrone scuro
rintontita svolazzare intorno alla lampada e alla cappa di cucina,
per poi posarsi sul piano cottura e lasciarsi prendere da me con un
piccolo fazzoletto di carta e farsi gettare fuori in cerca di una
faticosa e fredda libertà.
Non mi piace essere troppo
autoreferenziale e rimandare ad un altrove che mi sembra lontano anni
luce, ma poi no, mi ci sento ancora dentro certe parole, certe coscienze.
Una
meditata finzione.
Cosa è
cambiato in me? Non mi sento più solo pur essendolo
forse anche di più. Mi sento gettato, pubblicato, apputtanato (ma
non ho mai chiesto marchette, mi do via a gratis).
Quel
che mi ha ricordato che c'era una specie di anniversario da ricordare
è stato questo pensiero: non scriverò mai un romanzo, un libro come
un tempo sognavo o m'illudevo che forse avrei potuto scrivere e veder
pubblicato da qualche editore in una bella collana. E liberata la
mente da questa fola, sono
stato capace
(ahi, presunzione) di buttare fuori
tutti gli scarti del mio presunto essere, quasi tutti, ovvio,
mentire è naturale,
a volte è d'obbligo trattenere la vocazione allo sputtanamento.
Sono contento, insomma, di aver trovato un pertugio in cui mostrare la manina e dire: ehi, ehi ci sono anch'io qui in questo mondo, così tanto perché non mi camminiate sopra i piedi e io non possa neanche bestemmiare o fare sì tutto contento che in fondo il male è poco.
Ma soprattutto, tramite questo ferrovivo del blog ho avuto modo di conoscere persone
che sicuramente non avrei mai conosciuto – blogger e non.
Qui
parla una mente all'opera, un cervello in
una vasca che mentre si lava
si masturba, perché solo
attraverso il godimento e il patimento si spreme l'essere.
L'indifferenza conduce alla
stasi e, quest'ultima, è il primo segno certo della morte.
Io
scrivo perché è il mio corpo che lo dice, ormoni
ed elucubrazioni, tutto compreso.
Sotto
sotto questo è un blog da pornografi, lo
sento, la mia è un'indubbia vocazione.
Witold Gombrowicz, Pornografia, Feltrinelli |
Ecco svelato il mio altarino: arriva un tipo di mezz'età, magro, abbronzato col sole di ottobre che gli si spegne addosso,
il naso a piffo. Si presenta a tutti voi, uno per uno, rispettando a
puntino le formalità del caso, dopodiché continua (e continuerà) a
dire qualcosa, piuttosto che nulla.
4 commenti:
il pornografo scriva, allora, prego, e dia alle cose il loro giusto nome
non vedo l'ora: dalla politica alla filosofia, le donne, e la vita di un ordinario, magnifico pornografo
adoro la tua mente
N.
Intanto auguri per il lustro, e poi per il libro non è ancor detta l'ultima parola e dentro di te lo sai. Ciao.
@ N.
Cercherò di nominare giustamente cominciando col ringraziarti della tua stima.
@ Alberto.
Grazie mille - e terrò in serbo il tuo monito. Ciao e buon olio di taggiasca :-)
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