Ogni tanto
dall'io mi affranco
mi avvalgo
di questa facoltà
e scendo sotto cattedra
per non spiegare
agli altri le ali
del sono.
Ogni tanto
dimentico cosa
voglia dire essere
uomo – e
mi pento
di questa dimenticanza
di cui posso essere
accusato.
Ogni tanto
disperdo il fiato
parlando nel vuoto
di uno schermo
cristallizzato.
La voce è sì bassa che appena
si sente la pena
una certa finta fatica
una certa voglia di. Stop.
Troppe effe di fila,
vero Formamentis?
Ogni tanto
lascio spazio al pianto
mi commuovo con niente
e sento salire il presente
disagio di essere perso
nel tempo.
Non trovo altro scopo
che non averne
perché avere il rimpianto
dell'inazione
è meglio che avere il rimorso
della persecuzione.
Ogni tanto
ci penso a questo blocco
di vita sospesa
e mi accuso e mi metto
in attesa
spalle al muro.
Mi diverto a fare la spia
a me stesso
per vedere se mi stano.
Ogni tanto
provo a fare il puttano:
cinquantamila euro
per non fare un cazzo -
sarei tanto un bravo
ragazzo col trucco
e il parrucco.
Ogni tanto
di stucco mi dico:
pensa se fossi figlio
di un ciarrapico
come sarei messo
fascista e depresso.
E invece
non riesco a essere figlio
non riesco a essere padre
non riesco a uscire da qui
perché qui sto bene
è così - da questo consorzio
di umani imperfetti
non prendo divorzio.
Ogni tanto
immagino quanta
porzione di vita manca
da essere consumata;
ma non mi concentro:
mi tocco, dentro
unendo tra cuore
e ombelico una mano -
e mi sento.
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