«
Je pose la tasse et me tourne vers mon esprit. C'est à lui de
trouver la vérité. Mais comment? Grave incertitude, toutes les fois
que l'esprit se sent dépassé par lui-même; quand lui, le
chercheur, est tout ensemble le pays obscur où il doit chercher et
où tout son bagage ne lui sera de rien. Chercher? pas seulement:
créer. II est en face de quelque chose qui n'est pas encore et que
seul il peut réaliser, puis faire entrer dans sa lumière. » Marcel
Proust, Du côté de chez Swann
Posata
la tazza dell'orzo solubile (gusti rozzi, ne convengo) mi rivolgo al
mio spirito e gli domando se
se
la sente di trovarmi una verità, anche mezza, per stasera.
«Intanto
vai svuotare la vescica, ché dopo si ragiona meglio».
Grave
distrazione,
la mia: tutte le volte che lo spirito sarebbe potenzialmente pronto a
superare se stesso e portarmi in una dimensione conoscitiva
superiore, ecco che lo tengo occupato con impellenze
corporali inopportune che lo trattengono a terra, come una zavorra. E
dire ch'ero così vicino a cogliere le significanze ammonticchiate
del mio io interiore, tal quali alle paia di mutande e ai calzini scombinati del mio guardaroba.
«Cercare
in cotesta confusione? Già tanto sarebbe rammendare» osserva,
critico, il mio spirito le non infrequenti sdruciture d'animo che lo
contraddistinguono.
Essere
davanti a qualcosa che ancora non si è affacciato e che soltanto io,
cioè tu, potrai far affacciare affinché
sia conosciuto anche da te, sotto questo balcone a contemplare la
meraviglia del già scritto.
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