«Di questo nesso tra teoria e politica si sente oggi la mancanza.
Ma è finito, è finito completamente. Questo è vero non solo per l’Italia. [...] Forse perché è venuta meno la centralità della politica. Perché questa non è una crisi della filosofia secondo me, ma una crisi della politica. Siamo in una dimensione in cui la politica non conta più nulla, non ha più in mano la gestione del mondo e allora diventa tecnica amministrativa. Forse non si tratta di un venir meno della filosofia quanto proprio della politica.» via
Compito di un filosofo (teoretico o politico che sia) dovrebbe essere quello di indagare perché avvengono certi fenomeni, come si determinano i cambiamenti, come si sciolgono i nessi, in questo caso il motivo per cui la politica non conta più niente.
Una volta accantonato, storicizzato, Marx - dopo averne fatto cattivo uso, tra l'altro - mica gli passa in mente al filosofo Cacciari che la teoria marxiana è l'unica in grado di spiegare le ragioni per cui la politica non conta più nulla, ovvero conta solo nella misura in cui riesce a garantire gli affari dei gestori del mondo, i cui interessi sono chiari: D→D', ossia dal Denaro ottenere più Denaro, con - ancora, a tratti - la mediazione della Merce. È questo lo scopo finale dei gestori, più che altro del soggetto automatico capitalista che ha imbrigliato l'azione umana in questa logica assurda.
E questo punto fondamentale, dirimente, viene sistematicamente ignorato e quindi escluso e dalla politica e dalla filosofia forse perché, come osserva Cacciari:
«in Marx vi era una critica dell’economia politica dalla quale non si poteva dedurre la dimensione più propriamente politica»
La politica di stocazzo: indeducibile, infatti.
3 commenti:
Il mutamento non passa più per la lotta di classe (centralità operaia che perde ruolo) ma piega tutta nell’autonomia del politico, in definitiva nel pragmatismo riformista e nella politica come mediazione. Però ora tale concezione lamenta non solo l’insufficienza della politica a proporre un nuovo modello di sviluppo ma ad avere un proprio ruolo autonomo, sovrastata dalle dinamiche del capitalismo che tendono oltre ogni limite di proporzione del sistema.
Anche per il resto la contraddizione mi pare evidente laddove questa gente ha avuto la pretesa di cogliere la logica interna allo sviluppo delle istituzioni capitalistiche indipendentemente dalla storia e dalle dinamiche del capitale. E dunque ora si trovano in difficoltà di fronte alla metamorfosi della forma-Stato, che hanno da sempre rinunciato di leggere in relazione al movimento contraddittorio del capitale e alle fasi di sviluppo che esso ha attraversato: dalla libera concorrenza, al capitale monopolistico, al capitale monopolistico internazionale fino alla fase odierna.
Poi ci sarebbe molto altro da dire, ed è un peccato non dirlo, ma non è questo il luogo e poi in definitiva la gente alla Cacciari non merita tanta attenzione perché ha sempre dimostrato di saper fare col proprio eclettismo epistemologico solo tanta confusione e vivere di rendita (e a quest'ora ho altro da fare che prendermi la briga di ritornare su questioni di quarant'anni fa).
Contavo in un tuo commento.
In effetti, Cacciari non merita tanta attenzione. Mi interessava tuttavia un tuo parere al volo per capire perché certe persone, che quarant'anni fa consideravano Marx imprescindibile, adesso fanno fatica persino a ricordarne il nome.
Se Negri ha comunque una sua posizione, per quanto criticabile, invece Cacciari è solo parole che non di rado hanno un senso solo per lui
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