domenica 4 ottobre 2015

Domani è lunedì

« Lavorate, lavorate proletari, per accrescere la ricchezza sociale e le vostre miserie individuali, lavorate, lavorate; diventando più poveri, avrete più ragioni per lavorare ed essere miserabili. Questa è la legge inesorabile della produzione capitalista.
Dal momento che, dando credito alle parole menzognere degli economisti, i proletari si sono dati anima e corpo al vizio del lavoro, non fanno che precipitare la società intera in quelle crisi industriali di sovrapproduzione che sconvolgono l'organismo sociale. Allora, per eccesso di merci e penuria di compratori, le fabbriche chiudono e la fame sferza la popolazione operaia con la sua frusta dalle mille code. I proletari, abbrutiti dal dogma del lavoro, non comprendendo che il superlavoro che si sono inflitti nei periodi di pretesa prosperità è la causa della loro miseria presente, invece di correre ai granai […], invece di assediare i [grandi] magazzini […]
Invece di approfittare dei momenti di crisi per una distribuzione generale dei prodotti e un benessere universale, gli operai, con i crampi della fame, vanno a sbattere la testa contro i cancelli della fabbrica. […]
Se le crisi industriali seguono inevitabilmente ai periodi di sovrapproduzione, come la notte al giorno, provocando la disoccupazione forzata e la miseria più nera, portano anche all'inesorabile bancarotta. Finché l'imprenditore ha del credito allenta la briglia al furore del lavoro, si indebita e si indebita ancora per procurare la materia prima agli operai. Continua a produrre senza pensare che il mercato si satura e che, se le sue merci non vengono vendute, le sue cambiali arriveranno alla scadenza. Messo alle strette, va a implorare al [finanziere], gli si getta ai piedi, gli offre il suo sangue, il suo onore […]
Ma prima di arrivare a questa conclusione gli industriali percorrono il mondo alla ricerca di sbocchi per le merci che si ammassano; spingono il loro governo ad annettersi i vari Congo, a impadronirsi dei vari Tonchino, ad abbattere a cannonate le muraglie della Cina per smerciarvi i loro tessuti di cotone. Nei secoli scorsi era un duello a morte tra Francia e Inghilterra per assicurarsi il privilegio esclusivo di vendere in America e nelle Indie. Migliaia di uomini giovani e vigorosi hanno arrossato i mari col loro sangue durante le guerre coloniali dei secoli XV, XVI e XVII.
I capitali abbondano come le merci. I finanzieri non sanno più dove piazzarli; allora vanno [in altre] nazioni […] a erigere fabbriche e importare la maledizione del lavoro. E questa esportazione di capitali […] termina un bel giorno a causa di complicazioni diplomatiche […]
Queste miserie individuali e sociali, per grandi e innumerevoli che possano essere, per eterne che possano sembrare, spariranno come le jene e gli sciacalli all'avvicinarsi del leone quando il proletariato dirà: “Io lo voglio”. Ma perché giunga alla coscienza della propria forza è necessario che il proletariato si metta sotto i piedi i pregiudizi della morale cristiana, economica, libero-pensatrice; è necessario che ritorni ai suoi istinti naturali, che proclami i Diritti dell'ozio, mille e mille volte più sacri e nobili degli asfittici Diritti dell'uomo escogitati dagli avvocati metafisici della rivoluzione borghese; che si costringa a non lavorare più di tre ore al giorno, a non fare niente e a bisbocciare per il resto del giorno e della notte. »

Paul Lafargue, Il diritto all'ozio, (1880), edizione Il Ponte, Firenze 2015, traduzione di Lanfranco Binni.


Ci fosse un'alluvione di non lavoro generalizzato in tutti i continenti, è probabile che molti umani darebbero un senso ai propri giramenti (di rotazione e di rivoluzione).
Qualcheduno si adombrerebbe di sicuro: gli Zarathustri, per esempio, i cosiddetti superòmini del cazzo, gli dèi di fatto, i prenditori di lavoro e spargitori di merda, tutti coloro i quali gozzovigliano facendo lavorare gli altri, per intendersi. Tutta gente tolemaica. Ghigliottinarla non avrebbe senso: basterebbe farla girare, girare, girare, come la Terra, appunto.

1 commento:

Valerio ha detto...

M'è sempre stato simpatico Lafargue...