Tutto può essere, anche che accada a me quello che accadde a Newmann 120 anni fa. Ne parla Marina Corradi, sulle orme di quanto ha detto Benedetto XVI in vista del Natale di quest'anno. Ma perché accada occorre desiderarlo o, invece, quando accade, accade anche senza volerlo, desiderarlo?
Io, alcuni anni fa, ero in una posizione simile a quella di quei molti di cui parla la Corradi, una situazione simile a quella di Newnann.
Newman, prima di convertirsi, era uno che credeva ciò in cui crede “la media degli uomini”, dice il Papa. Dio? Sì, può darsi. Il Dio di molti, credenti e perfino praticanti: ipotesi immateriale, disincarnata. Come un dubbio sospeso, inerte, sulla nostra vita. Dio? Forse, speriamo. Intanto, la realtà autentica è ciò che si tocca: per primo il nostro corpo, impellente nei bisogni. E poi tutto ciò che può essere desiderabile: amore, denaro, sesso, potere e perfino il sapere intellettuale, che forse non si tocca, ma comunque si misura e si usa.
Credevo sì a qualcosa: educato a un blando cattolicesimo, coi sacramenti sulle spalle (persino quello del matrimonio, cazzo), scarso frequentatore da sempre, spiritualmente vicino a certo biblismo ceronettiano, trovo in un prete la voglia di rifrequentare una certa fraternità, ma soprattutto trovo in René Girard un modo per avvicinarmi, diciamo razionalmente, alla Scrittura Giudaico-Cristiana.
Delle tesi girardiane sono sempre convinto. Non sono convinto che sia necessario credere alla divinità di Gesù per accettarle. Non importa. Non c'è niente di sovrannaturale. La Resurrezione può anche essere simbolica e avere la stessa funzione. Quello che conta sono le parole e gli atti, compresa la Crocifissione, che determinano lo svelamento delle dinamiche del meccanismo vittimario che incatena gli uomini a una società che ha bisogno di capri espiatori per funzionare. Stop.
Ma dicevo, a me la luce – se di luce si tratta – me l'ha data un'altra idea pericolosa; idea questa che, di contro, rende superfluo Dio anche all'inizio della presunta creazione. Anzi, lo rende inutile e molto meglio per lui perché sennò ci sarebbero da chiedergli troppe cose... Quest'idea l'ha formulata Darwin. Indietro non si torna (perlomeno: io non voglio tornare). Mediante Darwin e i suoi “divulgatori” moderni mi sono convinto che il Dio creatore non è necessario. Credere questo mi porterà dove? All'inferno? Nell'asticella tra l'ateismo e fede in Dio, mi colloco in una posizione fortemente agnostica, ma non per pavidità; il punto è che non posso dirmi totalmente ateo dacché di Dio ho una qualche idea (ci parlo persino a volte, vedi i miei Dialoghi sulla fede); ma è un'idea-meme quella che mi porto dietro, quella che mi vive dentro; io penso a un Signore con la barba che ogni tanto parla dall'alto dei cieli con un brontolio simile a quello della pancia. Dio lo immagino, insomma, alla mia maniera, e per me esiste, come esistono Pinocchio e Don Chisciotte; solo Lui è più famoso, importante e, soprattutto, più invadente.
Io sarei favorevole a che ognuno si creasse il proprio Dio personale, un Signore (interlocutore) immaginario sospeso tra terra e cielo con il quale dirimere questioni metafisiche e non. Certo non sono favorevole al ritorno del politeismo, anzi: non vorrei nascessero ulteriori religioni, giacché quelle che ci sono, sono già sufficienti per rompere i santissimi. Ciò nonostante vedrei di buonocchio che ogni individuo che ha una qualche idea di Dio in testa, la conservasse così, come fosse un ammennicolo: un dio centrino della tavola, o bambola gonfiabile per i propri bisogni spirituali.
Cosa succede un giorno a Newman? Improvvisamente, dice il Papa, «riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l’anima, l’essere se stesso dell’uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili».
È questo «improvvisamente» che mi ha dato sempre da pensare. La fede ti arriva tra capo e collo anche se uno in quel momento pensa ad altro? O è proprio il pensare costante alla fede che, all'improvviso, te la fa venire, o te la “scappare” come la pipì?
Immaginiamoci: un giorno un uomo, fino ad allora simile a tutti, vede che la realtà autentica è un’altra. Le cose, forse ora gli sembrano apparenze. Scorge, dietro di loro, mai viste prima, altre colonne originarie, portanti: il Creatore e la creatura l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza. In un istante un’altra realtà gli si palesa, «più reale degli oggetti afferrabili». Come un’epifania: l’istante in cui Dio si mostra, sovrano, e dice: Io sono. Una grazia (a lungo domandata). «Svolta copernicana, che cambia la forma fondamentale della vita».
Ecco, finalmente le parole del Papa mi rassicurano. La fede è qualcosa che riguarda solo chi ha intenzione di diventare fedele sulla base di un preciso canone religioso, non c'è verso. Se ti arriva una fede addosso, te ne arriva sempre una strutturata. Una fede diversa non vale.
E poi, sentire un Papa parlare di «svolta copernicana» fa un po' ridere no? Chissà quanti papi dovranno passare prima di sentirne uno parlare di «svolta darwiniana»...
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