Questo clima culturale «corrode il modo di concepire la vita, la famiglia, il lavoro, il senso del dovere e di Dio stesso».
È il cardinal Bagnasco che parla, e io lo ascolto. Ho bevuto una Coca cola giusto 5 minuti fa, prima che i francesi venissero anche da noi a tassarcela. E l'ho bevuta per corrodermi lo stomaco e per svitare quel bullone là fuori, che regge la «fugace altalena di vita che passa e vita che sta, quassù non c'è scampo» (questo verso di Montale non me lo scrollo di dosso, mi insegue e mi ritorna in faccia, come un'altalena, appunto). Ma la questione qui è un'altra, ovvero il clima. Non sapevo che quello culturale fosse come le piogge acide di un tempo, quelle di quando ancora c'era il piombo nella benzina. Un clima culturale così acido che corrode persino il senso di Dio stesso.
E di chi sarebbe la colpa? Del libero arbitrio, vale a dire del fatto che Dio ci ha lasciati liberi di fare quello che ci pare? E se dall'alto dei cieli (sempre se esistesse ed abitasse lassù), invece, Lui si augurasse questa corrosione del senso, del significato, dei valori che noi uomini facciamo a gara per vedere chi ce l'ha più lunghi (i valori intendo)?
Domanda: se anziché corrodere il clima culturale medicasse con balsami ed unguenti, e tutto intorno sembrasse avere senso, significato, e che i rapporti umani fossero tutti all'insegna della dolcezza, del sorriso, della stretta di mano calorosa, allora cosa penserebbe il cardinal Bagnasco, che tutto ciò sarebbe merito di Dio, ovvero della conciliazione dell'uomo col divino?
Via della Conciliazione, angolo morto,
passava uno con la camicia nera
che da giovane avrebbe da mane a sera
mangiato preti in arrosto morto.
E invece vi rese il ben tolto -
e riaverlo è ormai una chimera.
Già, al Cardinal Bagnasco non basta la conciliazione intoccabile tra Stato Italiano e quello Pontificio. Vuole di più, ma molto, molto di più.
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