Quando ho citato qualcosa da Sette del Corriere della Sera è sempre stato per criticare un servizio, un intervista, un'inserzione pubblicitaria. Questa volta, invece, voglio elogiarlo, perché nel numero uscito ieri in edicola, a pag. 70-71, c'è una testimonianza anonima di una donna italiana (è firmato così l'articolo), sulla personale, dolorosa vicenda di abortire in Italia usando la Pillola RU-486. È un racconto di una donna di 34 anni - una giornalista del Corriere forse, chissà, visto che ha avuto il privilegio di essere stata pubblicata. In esso si racconta di come la protagonista, accortasi di essere rimasta incinta, telefoni subito alla sua ginecologa che le prospetta 3 soluzioni a seconda del periodo di gestazione: la “isterosuzione”, il raschiamento o la pillola RU-486. Ella opta per quest'ultima soluzione, ma incontra numerose impedimenti, ritardi, procedure burocratiche assurde, la necessità del ricovero... Insomma, dopo aver provato in vari ospedali, ella si accorge di un'ulteriore possibilità: in Svizzera, dove tutto è più semplice e dove «si può praticare l'Ivg anche negli studi medici di ginecologia». Così ella parte per Lugano, va in uno studio ginecologico, i dottori verificano che non ha superato le 7 settimane, le fanno firmare e compilare un sondaggio (quest'ultima pratica burocratica è riservata alle cittadine straniere) e le danno la pillola e lei torna a casa. È lunedì. Deve ritornare nello studio il venerdì. Le lascio la parola:
«Arriva il venerdì senza che il mio corpo dia il minimo segnale di quello che sta accadendo dentro. Solo dopo aver preso la seconda pillola inizio ad avere forti crampi come accade durante una mestruazione dolorosa. Ed è proprio attraverso un fenomeno del tutto simile alla mestruazione che nel giro di poche ore avviene l'“espulsione”. Avrò per una decina di giorni, al massimo un mese, delle perdite, a volte dei crampi, niente più, niente a cui una donna non sia già abituata».
Ecco, cara donna italiana: hai spiegato benissimo perché nel tuo Paese la via chimica all'aborto è così fortemente ostacolata: perché ti fa patire poco psicologicamente, perché dopo ti senti meno merda e più leggera e non grava sulla tua coscienza quella sensazione di aver commesso un omicidio. E questo non è giusto per le coscienze dei quei cittadini italiani che, contrariamente a te, confidano di più nel magistero cattolico che nella Costituzione. “Non potendo abrogare la legge, almeno continuiamo a rendere la pratica abortiva difficoltosa, sconquassante, così almeno imparano, quelle sgualdrine”. Pare di sentirli gli obiettori di coscienza e tutti coloro che ne approvano la condotta.
Siamo un Paese a sovranità limitata, fate voi la percentuale, ma tanta parte in capitolo ha la Chiesa.
In fondo 650 euro [il costo della pratica] cosa vuoi che siano: l'iPad lo comprerai l'anno prossimo, magari più potente e allo stesso prezzo.
1 commento:
Sì guarda, a me viene da pensare che a volte l'Italia farebbe più bella figura a calare del tutto le braghe. Qualcosa del tipo "ok ci abbiamo provato, ma non riusciamo a fare finta. Siamo un paese confessionale. Siamo una depandance del Vaticano. Basta con questo provare goffamente a darsi un'aria laica che non ci appartiene. D'ora in poi saremo smaccatamente e apertamente retrogradi e bigotti!"
Poi emigrerei su Saturno, probabilmente, ma vabbè...
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