Va dato merito ad Alessandro Zaccuri di ricordarci che non è chiuso il caso Artaud; ma non è ch'è “aperto” per trovarci dentro una salita una scala verso il trascendente, ché Artaud, se mai ha trasceso qualcosa, è il misero concetto di io (qui due miei “vecchi” post in proposito).
Va dato altresì merito a Zaccuri di menzionare pubblicazioni artaudiane edite in Italia per la cura di Pasquale di Palmo.
Ma cosa dare poi a Zaccuri quando scrive
«nonostante tutto, con Artaud occorre fare i conti. Non si spiegherebbe, altrimenti, la frequenza con cui il nome di questo autore inclassificabile e irrequieto torna negli interventi del cardinale Gianfranco Ravasi, in un dialogo a distanza non privo di “distinguo”, ma non per questo meno significativo»
se non del cronista culturale zelante?
Ora, sinceramente, quando uno sputa citazioni a raffica di tutta una biblioteca di autori così per darsi un tono culturale ad angolo giro, non è che dialoga coi morti, non è insomma che chatta con l'aldilà, anche perché, poi, cristianamente parlando, se dall'aldilà Artaud potesse dialogare davvero con Ravasi, ho il sospetto che gli direbbe:
Votre Éminence, vous m'avez cassé les couilles: allez vous faire foutre, s.v.p.
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