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Oggi è un giorno abbastanza poetico, anzi molto. Molto è dovuto al cielo, al transito delle nuvole e al loro trasformarsi continuo in animali, cose, persone. Una pareva addirittura io che salutavo con una mano un'altra mano, che insieme facevano due ali: una raffica di vento e via, si vola, a imitazione de
Il saliscendi bianco e nero dei balestrucci
dal palo del telegrafo al mare
non conforta i tuoi crucci su lo scalo
né ti riporta dove più non sei.
Già profuma il sambuco fitto su
lo sterrato; il piovasco si dilegua.
Se il chiarore è una tregua
la tua cara minaccia la consuma.
Appunto, proprio così (Montale, Mottetti, dixit).
Ma il giorno poetico, oltre alle nuvole e all'azzurro, è altresì dovuto a un certo giramento di palle lenito dalla scoperta di un poeta animato, americano, ma va bene lo stesso, si gradisce anche in traduzione. Si chiama Billy Collins e l'ho scoperto grazie a Doppio Zero. Le poesie ivi pubblicate mi hanno gettato una gioia addosso come una pioggia di formiche a un formichiere. È una meraviglia leggerlo e ascoltarlo, mi ha fatto proprio bene; e adesso copio e incollo il suo Sforzo, che vuole essere anche il mio, uguale uguale, almeno spero, «di capire quel che sto cercando di dire».
C’è nessuno che voglia unirsi a me
nel lanciare alcuni sassi verso
quegli insegnanti che amano porre la domanda:
“Che cosa sta cercando di dire il poeta?”
come se Thomas Hardy e Emily Dickinson
si fossero sforzati ma alla fine avessero fallito:
disgraziati incapaci di parlare, che altro non erano,
con la penna in bocca a guardare fuori dalla finestra in attesa d’un idea.
Sì, sembra che Whitman, Amy Lowell
e tutti gli altri potessero solo tentare e fallire,
ma noi nella classe di Inglese della terza ora della prof Parker
qui al Liceo di Springfield ce la faremo
con l’aiuto di questi questionari di comprensione
a dire quel che il povero poeta non riusciva a dire,
e faremo tutto questo prima
dell’orgia dell’insalata di uova e tonno nota come pranzo.
Stasera, tuttavia, io sono quello che cerca
di dire che cosa significa questa assenza,
noi due che dormiamo e ci svegliamo sotto due diversi tetti.
L’immagine di questo vaso di fiori recisi,
non del nostro giardino, non aiuta.
E lo stesso vale per quel piatto singolo,
la lampada solitaria, e il tempo là fuori che preme il volto
contro queste finestre nuove, la pioggia leggera e il gelo del mattino.
E allora lascerò che sia la prof Parker,
che sta picchiettando con un gesso la lavagna,
e i suoi studenti – alcuni con la mano alzata,
altri trasandati con i loro cappellini portati a rovescio –
a capire quel che sto cercando di dire
su questo posto in cui mi trovo
e di farlo prima che suoni la campanella di mezzogiorno
e sia sguinzagliato il tornado di polpette di carne.
Già, cosa sto cercando dire? Niente, non c'è niente da capire.
Troppi riferimenti poetici, converrete, troppa poesia a un certo punto fa male. Allora vado a fare la spesa, roba concreta, scaffali con i prezzi ancora in euro, almeno per tre mesi di emozione unitaria, come dice quella nobildonna della Lagarda. Quasi quasi vado a fare il cameriere a New York, per incastrarla, alla Strauss Kahn. Per quanti soldi? Per una lira - e dài. È un affare, sai.
3 commenti:
E nelle profondità di un mare di cobalto, custodita da candide balene, ritrovammo Atlantide. Alfine.
Grazie della "didascalia" che condivido, in quanto anche a me sembrano balene o altri mammiferi marini.
Un delfino che danza fra megattere. Sono felici di non dover dare spiegazioni di nulla a nessuno.
Ciò detto, ottime le poesie di questo Collins: seguendo il link ne ho lette altre, tutte efficaci e spiazzanti.
E grazie per la citazione battistiana; è una di quelle canzoni che mi ritrovo ancora oggi a canticchiare ogni tanto mentre guido.
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